Il tema del Meeting di quest’anno è anche il titolo che ho voluto dare a un mio libro, ormai di molti anni fa, in cui ho raccolto alcune lezioni sui testi che stanno all’origine del movimento: Tracce d’esperienza cristiana e GS: riflessioni sopra un’esperienza. Non è questa un’annotazione autobiografica né tantomeno narcisistica. In essa piuttosto è racchiusa la svolta che don Giussani ha voluto imprimere alla vita della Chiesa e dei cristiani: per arrivare al Mistero che tutto guida e illumina, dobbiamo partire dalle tracce che Egli ha messo dentro di noi, creandoci. Si tratta di quelle evidenze ed esigenze che spalancano il cuore e la mente, che mettono dentro la persona la sete di una manifestazione, di un incontro che la Grazia dona, in modo misterioso, a ciascuno. Ripensando ora, dopo tanto tempo, a questa espressione – passione per l’uomo – mi rivolgo, per quanto possibile, a Dio stesso, cercando di immergermi nell’oceano della Trinità. Dio ha mandato nel mondo suo Figlio, non per condannare ma per salvare (cfr. Gv 3,17; 12,47): è questa la sintesi dell’intero Vangelo di san Giovanni. “Passione per l’uomo” può essere dunque, giustamente, il nome di Dio che si rivela nel Figlio. Non sembri troppo ardita o addirittura fuori luogo questa mia annotazione. Se la creazione tutta (e in essa ognuno di noi) è nella mente di Dio prima del tempo, nell’eterno, se Egli ci ha pensati e scelti prima della creazione del mondo (cfr. Ef 1,4), vuol dire che la passione per ciascuno di noi è dentro lo sguardo che da sempre il Padre ha per il Figlio.
La passione per ciascuno di noi è dentro lo sguardo che da sempre il Padre ha per il Figlio.
“Passione per l’uomo” è dunque un nome di Dio e passione per l’uomo è il sangue, la sofferenza e la morte (Passione, appunto) che sono costati a Gesù, il Verbo fatto uomo, per amore di ciascuno di noi. Possiamo allora andare alla vita di Gesù, proprio come don Giussani ci ha magnificamente raccontato, per raccogliere la sua passione per noi. Nessun uomo è stato così uomo come Gesù: in lui l’umano si è manifestato nella forma più alta e assieme più quotidiana, famigliare, carica di una intensità che appare più nei particolari nascosti che nella clamorosità della luce. In nessuno, come in don Giussani, ho sentito rivelare il brivido dell’umano “donna, non piangere” rivolto alla vedova di Nain; nei singhiozzi dell’amico davanti alla tomba di Lazzaro; nel dialogo tra il Maestro e Simon Pietro sul lago di Genèsaret una settimana dopo la Risurrezione. Forse solo un animo e un’intelligenza misticamente affettiva come quella di Bernardo di Chiaravalle ci può mostrare una compassione paragonabile. Mettiamoci dunque alla scuola di questi maestri perché la nostra umanità sia rigenerata e diventi compassione per i nostri fratelli a cui Dio ci manda.