Qualche anno fa, durante la benedizione delle case e delle famiglie, mentre sto per suonare ad un appartamento, sento che dentro un bambino piccolo sta piangendo. Quando entro vedo i due genitori ripiegati su di lui per cercare di farlo smettere. Mi ci metto anche io e il bambino piange ancora più forte. Siccome non accenna a smettere, propongo ai genitori di lasciare per un momento il bambino e dire una preghiera insieme. Questa famiglia aveva un crocifisso appeso sulla parete. Ci rivolgiamo allora verso il crocifisso e recitiamo insieme il Padre nostro. Il bambino immediatamente smette di piangere e guarda anche lui dove stiamo guardando noi. Questo fatto così piccolo mi ha fatto riflettere su cosa siamo chiamati a portare, a regalare e a condividere con le famiglie che incontriamo. Siamo chiamati ad aiutare le famiglie ad alzare lo sguardo da quelle che sembrano le urgenze più pressanti, che a volte tolgono il respiro (i figli, il rapporto tra i coniugi, il lavoro, la malattia, ecc.), e volgere lo sguardo verso Colui che, abbracciandoli, dona una vera consistenza e una nuova capacità di giudizio e di affronto. Questo si traduce sempre in un invito a partecipare ad una vita che già c’è, a partecipare ad una casa più grande, che è la nostra parrocchia della Magliana. Alla fine, il nostro tentativo è tutto qui: offrire un punto a cui guardare per trasformare, dentro un abbraccio, la vita della famiglia spesso sola e chiusa in se stessa.
Negli anni, questo ha portato me e i miei confratelli a fare delle scelte. Per esempio, negli ultimi cinque anni abbiamo organizzato una vacanza estiva per le famiglie della parrocchia. I giorni insieme sono diventati fin da subito l’occasione per proporre loro di vivere con una regola: le lodi dopo colazione, la lettura e la meditazione personale di un testo la mattina, la ripresa comunitaria dei contenuti la sera, la messa quotidiana, eccetera. Poter condurre, almeno per pochi giorni, una vita ordinata e orientata a Dio è stata una esperienza positiva per tante delle famiglie e delle persone che hanno partecipato. È così che, anno dopo anno, è cresciuto il desiderio di continuare a vivere in questo modo anche durante l’anno. Non volevamo perdere la bellezza sperimentata durante le vacanze. Da un paio d’anni abbiamo quindi formulato una piccola proposta di regola per la vita di tutti i giorni: un semplice momento di preghiera in famiglia, degli incontri mensili intitolati “Il sabato nel villaggio”, nei quali invitiamo amici esterni a fare delle testimonianze, e un gesto di carità, cioè visitare i senzatetto di piazza San Pietro. Su questi impegni semplici e regolari la nostra comunione si dilata e si rafforza.
Oltre alle vacanze e alla regola, ci sono altre vie attraverso cui la comunione fra noi e con le famiglie viene testimoniata. La Caritas, ad esempio. Stiamo cercando di privilegiare sempre di più il fatto di andare a due a due nelle case più povere della parrocchia, perché le famiglie che incontriamo possano sperimentare la nostra compagnia ed essere invitate a partecipare della nostra vita. Oppure, quando nuove coppie si affacciano alla parrocchia per il battesimo dei figli, alcune famiglie già appartenenti alla nostra comunità si coinvolgono con loro e vanno a trovarle a casa per conoscerle. Anche per chi viene a domandare il sacramento del matrimonio abbiamo pensato una proposta di accompagnamento e di preparazione che non lasci la coppia isolata, ma permetta di vivere i momenti in cui la comunità vive e si incontra.
Guardando a tutto questo, riconosco con chiarezza sempre maggiore che il soggetto protagonista della missione non siamo solo noi sacerdoti, come alle volte ci capita di pensare, ma siamo noi insieme al nostro popolo. Senza di esso sarebbe molto più difficile indicare il punto a cui guardare e offrire a tutte le persone che incontriamo quell’abbraccio che trasforma la vita.
Paolo Desandré è parroco di Santa Maria del rosario ai martiri portuensi, nel quartiere della Magliana a Roma. Nell’immagine, festa della Famiglia in parrocchia.