Quando sono diventato prete, avevo immaginato molti ambiti nei quali si sarebbe potuto esprimere il mio sacerdozio. Ma la realtà è sempre più grande di quello che uno possa pensare. Devo ammettere che Dio ha compiuto abbondantemente le aspettative che avevo e devo riconoscere che mi ha sorpreso infinite volte. Una delle sorprese più belle di questi ultimi tempi è stata l’opportunità di accompagnare alcune giovani coppie al matrimonio, e poi nei primi tempi di vita famigliare, attraverso il battesimo dei loro figli. All’inizio non ero completamente cosciente della responsabilità che assumevo. Dicevo di sì alle coppie che mi domandavano di seguirle, senza rendermi conto davvero di quello che Dio, attraverso di loro, mi stava chiedendo. Non immaginavo il tempo e la pazienza, le energie spese nella preghiera e nel silenzio, la necessità di esplicitare certi giudizi. Le difficoltà che dovevano affrontare, soprattutto quelle legate ad esperienze negative non perdonate, a vissuti famigliari complessi, hanno fatto crescere me e i miei fratelli in casa. Non ho mai dubitato del fatto che la vocazione fosse una realtà tremendamente seria, ma accompagnare queste coppie nella vertigine del sì definitivo ha fatto in modo che riscoprissi la bellezza di una vita definitivamente consegnata al Signore.
Vedo attorno a me tanta paura ed ingenuità: sembrerebbero due atteggiamenti opposti, eppure spesso vanno insieme. Paura dell’ignoto, del dire sì per sempre a Dio attraverso quella persona; ma anche ingenuità, cioè scarsa coscienza dell’importanza di ciò che si fa. Per questo, dopo un paio di mesi dalla celebrazione del matrimonio, invitato da loro, suono il loro campanello con una buona bottiglia di vino in mano: spesso la cena rivela che la convivenza è più difficile di quello che ci si aspetta. Ed è chiaro che il matrimonio, senza apertura a Dio, è una pazzia. Alcune coppie mi hanno stupito per come si sono dimostrate capaci di scelte di vita coraggiose, nell’affidamento a quello che la Chiesa propone. Chi si fida, misteriosamente cresce perché aderisce davvero.
Mi ha impressionato, in particolare, la storia di due giovani amici inizialmente spinti dalla famiglia a convivere. Una difficoltà economica imprevista era alla base di una decisione che sembrava ovvia. Eppure, avevano nel cuore la coscienza della radicale novità che era entrata nella loro vita quando, cominciando a frequentare la Chiesa quasi per caso, il Signore vi aveva introdotto criteri più veri. La fedeltà all’intuizione di aspettare il matrimonio è stata per loro il punto di partenza delle tante scoperte che hanno fatto: ad esempio, di come il sacrificio renda più vera la vita quando lo si abbraccia in funzione del bene che ci è promesso. Le prove che hanno vissuto non sono state un’obiezione ma la verifica della bontà del progetto di Dio. Così, è possibile accogliere il dono della vita in circostanze durissime o diventare capaci di un perdono che umanamente non sarebbe ragionevole.
Camminare con loro è una delle cose che mi dà più gioia. Contemporaneamente, cresce il loro desiderio di partecipare alla vita della nostra casa, dove intravedono una promessa grande e concreta di felicità. Chiedo a Dio la grazia di non abituarmi mai alla grandezza di ciò a cui ci chiama.
Quella promessa di felicità
Accompagnare le giovani coppie al matrimonio e nella vita familiare è la riscoperta della bellezza della vita consegnata a Dio: una testimonianza da Fuenlabrada