Questo è il secondo anno in cui abbiamo iniziato la caritativa con alcuni ragazzi della parrocchia di Pantan Monastero, vicino alla casa di formazione in via Boccea. Fin dall’inizio, Vincent ed io abbiamo pensato di cantare con i ragazzi La strada di Claudio Chieffo, perché ci sembrava descrivesse bene l’esperienza che volevamo loro proporre. Dopo qualche mese che la cantavamo, uno di loro, Giovanni, esclama: “Basta con La strada, non ne posso più! E poi non mi piace cantare!”.
Dopo un primo imbarazzo di fronte ad un tale rifiuto, abbiamo chiesto quale musica ascoltassero quando sono arrabbiati, quando sono felici o quando sono innamorati. Ognuno di loro aveva una canzone o un cantante che meglio esprimeva questi momenti. Così abbiamo detto loro che da sempre gli uomini hanno trovato nel canto la forma più semplice e naturale con cui dare voce a quello che vivono, a quanto la vita suscita in loro: rabbia, tristezza, gioia, amore.
Presi però dal dubbio che fosse ancora presto, che quelle parole fossero per loro ancora mute, con Vincent abbiamo smesso di cantarla. Diverse settimane successive, abbiamo fatto un’uscita nella campagna vicina al seminario, in una zona in cui i campi sono attraversati da un’antica strada romana. Giunti nei pressi di un grande albero, ci siamo fermati e ci siamo seduti per cantare. Il sole stava tramontando. Qui a Roma, i tramonti sono meravigliosi, il sole rosso infuoca ogni cosa. Vincent aveva appena impugnato la chitarra che Giulia domanda: “Ma La strada non la cantiamo più?” e Anna risponde: “No, meglio di no!”. ”Perché dici così?” le chiediamo. “Perché fa pensare!” risponde. “Appunto!” esclama Giulia.
Ho guardato Giovanni, Giulia, Anna e gli altri ragazzi, il nostro piccolo gruppo, la strada romana e la campagna infiammata dal tramonto. Ho pensato a Gesù che, come ci stanno insegnando a Teologia, si è espresso con parole ed opere. Gli uomini di ieri, oggi e domani hanno bisogno di parole in cui vibri l’eco di un’esperienza presente. E i ragazzi, per una semplicità spontanea che abbiamo il compito di custodire, lo capiscono benissimo.
(Nella foto, alcuni ragazzi durante un centro estivo con i seminaristi della Fraternità san Carlo)