Il racconto della vocazione di don Donato Contuzzi, missionario a Taipei, ordinato nel giugno 2013

«Vorrei essere ricco, avere una bella e numerosa famiglia e viaggiare tanto in compagnia dei miei amici». Sono stati questi i miei ideali per i primi vent’anni della mia vita, trascorsi a Montescaglioso, un piccolo paese della Basilicata. Dell’idea di fare il prete, nemmeno l’ombra.
Sono cresciuto in una famiglia cattolica: è stata soprattutto mia mamma a trasmettere la fede a noi tre figli (io sono il minore). Pian piano, però, mi ero allontanato dalla vita della Chiesa e, anche se non ho mai smesso di pregare, la messa domenicale era relegata al tempo libero. Negli anni dell’adolescenza era cresciuta in me una grande passione per la musica: suonare il sassofono mi dava grande soddisfazione e con la banda del paese facevamo concerti in diverse città. Ci divertivamo molto e guadagnavamo anche un po’ di soldi.
Nel frattempo mia sorella e mio fratello si erano trasferiti a Parma per studiare all’università. Lì avevano incontrato la comunità del movimento e, ogni volta che tornavano a casa, ci raccontavano con entusiasmo dei loro nuovi amici di Cl. Così, quando anch’io li raggiunsi per frequentare Ingegneria e terminare il Conservatorio, mi ritrovai quasi senza accorgermene in mezzo a quegli stessi amici, che, pur non conoscendomi, già mi aspettavano. Ciò mi colpì molto.

La via privilegiata
Gli anni passati a Parma sono stati decisivi per la mia vita e la mia vocazione. Conserverò sempre un’immensa gratitudine per ogni persona che allora mi ha accompagnato. Stando con loro ho scoperto che la fede riempie di gusto la vita e che le amicizie nelle quali è vissuta, insieme ai doveri a cui siamo chiamati, sono la via privilegiata per sperimentare tale gusto. Quel sottile filo della preghiera, che mi aveva fino ad allora tenuto unito a Cristo, ha cominciato ad irrobustirsi sempre di più perché era finalmente incarnato in tanti volti.
Dopo i primi anni di università giunsi però a un bivio: non mi bastava conoscere gente che mi parlava di Cristo, avevo bisogno di vederlo io stesso. Poco tempo dopo un mio caro amico mi disse che sarebbe entrato nella Fraternità san Carlo per diventare prete. Cristo, portandomi via un amico, cominciò a rendersi più concreto nella mia vita. È iniziata proprio in quegli anni la mia amicizia con don Paolo Sottopietra ed altri miei attuali fratelli (tra cui don Paolo Costa, con cui ora vivo a Taipei). Ma io ero fidanzato sin dal primo anno di università, tutto procedeva bene ed avevamo già fatto tanti piani per l’avvenire.
Nel 2002 accadde il fatto decisivo, potremmo dire il “colpo di grazia”. In aprile, con alcuni amici, ci recammo a Roma per visitare il nostro amico ed altri seminaristi con cui era nato un bel rapporto. Era la domenica delle Palme e, mentre attraversavo il parcheggio per raggiungere la processione che ci avrebbe condotti in chiesa, mi sorpresi a pensare: «Questa è casa mia! Io rimango qui». Un pensiero assolutamente irragionevole, fuori da ogni calcolo. Da subito però percepii che a quel momento sarei dovuto ritornare sempre: è stato come se tutto il mio passato fosse servito per portarmi lì, a quell’istante e, al contempo, il mio futuro si fosse caricato di una grande promessa. È stato un momento di pura gioia, come solo Dio può concedere.
Da allora, però, per due anni, ho lottato con il Signore cercando di difendere il mio progetto. Ma alla fine la mia difesa si è indebolita e “mi sono lasciato sedurre”. Oltre a me, alcuni miei cari amici dell’università hanno accolto la chiamata di Cristo a seguirlo nella via del sacerdozio o nella vita consacrata. Altri invece lo hanno seguito nella vocazione matrimoniale. Questa chiamata comune è uno dei più bei regali che il Signore mi ha fatto.

In missione a Taipei
Nella mia storia Dio mi ha donato tante case. Da quella nativa a quella di Parma, da quella di Roma a quella attuale taiwanese.
E in ogni casa ho trovato dei padri che la rendevano tale. Da mio papà ai sacerdoti che a Parma mi hanno accompagnato, come don Mauro e don Fausto. Da don Paolo Sottopietra fino a don Massimo, che mi ha accolto a Roma e ancora oggi continua ad accompagnarmi.
Ora sono in missione a Taipei. Studio il cinese, collaboro con don Paolo e don Emanuele nel seguire le persone che ci sono affidate, in particolare i parrocchiani, gli amici del movimento e gli studenti dell’università cattolica, dove da qualche mese insegno italiano.
I desideri che custodivo nel cuore a vent’anni ora sono ancora più veri: sono ricco, ma di Cristo, e ho una grande famiglia che mi accompagna nel mondo per annunciarne a tutti il Significato. Ogni giorno, quando esco di casa e mi imbatto in tanta gente spesso inconsapevole di attendere il dono che io ho già ricevuto, ripenso con gratitudine alla mia storia e al cammino che Dio mi ha pazientemente indicato attraverso tanti volti. E ancora una volta riscopro di essere a casa, sotto lo sguardo buono del Padre.
 
donato contuzzi

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