Negli ultimi mesi mi è stato chiesto di accompagnare due giorni alla settimana Simone Gulmini, mio confratello e cappellano dell’ospedale Sotero del Rio di Puente Alto. Si tratta di un ospedale pubblico che offre servizio ad una popolazione di circa un milione di abitanti del settore sud-est della metropoli di Santiago.
Oltre a visitare gli ammalati che chiedono assistenza spirituale, la maggior parte delle occasioni di dialogo con i pazienti nascono “casualmente”: un incontro nei corridoi scuri del vecchio ospedale, un altro nella sala dove c’è un paziente che ha chiesto i sacramenti e i vicini si incuriosiscono della nostra presenza… Insomma, ogni giorno entriamo in contatto con tanta gente che non aveva previsto la nostra presenza. Così nascono amicizie, simpatie e legami con alcuni pazienti che poi incontriamo settimanalmente.
Uno di questi casi è stato Jonathan, un ragazzo di sedici anni che ho conosciuto in pediatria circa un mese fa. Jonathan aveva una malformazione al cuore, era in attesa di un trapianto ma a causa di un’operazione per installare il pacemaker è deceduto.
Chi è semplice di cuore accetta nella sua vita la bella notizia che l’umanità intera aspetta. Non è mai tardi per ripetere le parole del buon ladrone che, sulla croce, a fianco di Gesù gli ha detto: “Signore, ricordati di me”.
Fin da subito, è nato qualcosa di speciale con Jonathan perché non ha mostrato diffidenza per il fatto che ero vestito da sacerdote (come invece capita con tanta gente che ci guarda con disprezzo o con fastidio). Ho capito che, oltre a non sapere proprio nulla della religione, non aveva mai fatto esperienza della fede. Quel primo giorno, per spiegargli chi ero, mi è venuto naturale parlargli di Gesù, che era venuto al mondo duemila anni fa, che aveva detto di essere il Figlio di Dio con parole e miracoli, e che poi era morto in croce per salvarci. Jonathan mi ha ascoltato e alla fine mi chiesto cosa c’era dopo la morte, poiché sua mamma era deceduta da alcuni anni e aveva una gran nostalgia di lei. Gli ho parlato dell’eternità e dell’immortalità dell’anima e quindi del fatto che sua mamma non era scomparsa nel nulla. Poi abbiamo scambiato due parole sulle nostre famiglie e ci siamo lasciati.
Le settimane successive ci siamo rivisti di tanto in tanto, un saluto, una chiacchierata, una benedizione. Poi Jonathan è stato operato e non l’ho più rivisto. Dopo qualche giorno, infatti, Simone mi ha dato la notizia della sua morte e del battesimo che gli aveva impartito in ospedale prima che morisse, alla presenza di suo papà.
Pensando alla sua storia mi ha commosso molto rendermi conto del disegno silenzioso di Dio: arriva in modo inaspettato, imprevisto, ma decisivo per chi non oppone muri, barriere e ostacoli. Chi è semplice di cuore accetta nella sua vita la bella notizia che l’umanità intera aspetta. Non è mai tardi per ripetere le parole del buon ladrone che, sulla croce, a fianco di Gesù gli ha detto: “Signore, ricordati di me”. Ovvero ha accettato la relazione con l’unico capace di donargli la vita.