Nel dare alle stampe questo strano saggio – strano perché presenta un approccio insolito ad un insolito tema, per citare un sapiente amico – non nascondo una certa apprensione. Sento perciò di dovere al lettore qualche avvertenza, prima di lasciarlo in balia delle pagine che seguono.
Prima avvertenza: se ho parlato di approccio insolito è perché le fonti da cui trarrò ispirazione per riflettere sull’impegnativo tema al centro di questo saggio potrebbero sulle prime apparire a tal punto eterogenee da portare il lettore a chiedersi a quale genere letterario esattamente il presente libro appartenga. È questo uno studio di teologia speculativa? Le parti dedicate a Tommaso d’Aquino ed al dibattito tra i padri Cappadoci ed Eunomio spingerebbero a dire di sì. Se non che, prima di immergersi in queste teoreticamente più impegnative sezioni, il medesimo lettore non incontra quasi altro che citazioni di due romanzieri, Fëdor Michajlovic Dostoevskij e John Ronald Reuel Tolkien, mentre nella parte ad esse successiva, che è anche la più corposa, viene trascinato in un serrato viaggio esegetico attraverso i versetti del vangelo di Giovanni. Che cosa dunque si trova nel presente volume: un microsaggio di letteratura, cui se ne aggiunge uno di teologia speculativa ed un altro ancora di esegesi biblica?
La tentazione di pensare di trovarsi davanti ad un ibrido – aggettivo che ironicamente viene da hybris (dismisura), cioè la più luciferina tra le parole che il Greco antico possieda – è forte. Ritengo tuttavia (ma starà al lettore giudicare) che questo libro non sia un ibrido. Ibrido è un essere ambiguo, in quanto composto di parti non amalgamate in una superiore unità. Sono invece convinto che le diverse parti del saggio collaborino al profilarsi di un percorso che ha una sua compatta e coerente unità. Ciò dicendo, non intendo negare che una certa interdisciplinarietà caratterizzi in effetti il modo di riflettere ed argomentare qui seguito. Ma è davvero tale modo illegittimo? Io credo di no. Di più, sono convinto (e mi rassicura il sapermi in ciò discepolo di ottimi maestri) che un certo eclettismo metodologico – dove con eclettismo intendo: il fare entrare in dialogo discipline che oggi si tende a separare – possa giovare, pur comportando dei rischi, alla causa del rinnovamento non solo della teologia speculativa, ma anche di ciascuna delle altre discipline coinvolte nel dialogo (in questo caso: esegesi biblica e letteraria).
Seconda avvertenza: il mio desiderio iniziale (diciamo pure sogno) nell’ideare questo scritto era quello di riuscire a parlare ad un pubblico più ampio di quello degli addetti ai lavori senza al contempo rinunciare al rigore del pensiero, con i suoi inevitabili tecnicismi. Strada facendo, mi sono dovuto rendere sempre più conto della saggezza contenuta in un proverbio caro a mia madre: non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Nel nostro caso: non si può scrivere un libro di teologia, nel senso più o meno accademico del termine, scrivendo al contempo un libro divulgativo. O comunque: è difficile riuscirci. Io ho voluto ugualmente tentare – il che spiega la forma particolare in cui il presente saggio è scritto. Se nelle pagine che seguono le note occupano uno spazio in apparenza sproporzionato (sono il primo a rendermene conto), ciò lo si deve precisamente alla volontà di portare avanti il discorso su di una sorta di doppio registro. Il testo vorrebbe parlare se non a tutti, almeno anche a quanti, pur interessati all’argomento, non sono esperti di teologia dogmaticospeculativa né specialisti di Tolkien, di Dostoevskij o del vangelo di Giovanni; le spesso corpose note tentano invece di offrire all’appassionato di teologia, di esegesi biblica e letteraria, approfondimenti e suggerimenti bibliografici che permettono di inserire il discorso svolto nel testo nel contesto del dibattito teologico, esegetico e critico relativo ad autori, testi e temi di volta in volta presi in esame.
È probabile che questo modo di procedere finisca per scontentare tutti: “chi troppo vuole nulla stringe”. Mentirei però se dicessi d’essere pentito. Rimango persuaso che il tentativo valesse la pena.
Paolo Prosperi
Sulla caduta degli angeli
Indagine sulle origini del male
Marcianum Press 2023