Nel 2020 è iniziata la mia avventura come insegnante presso la scuola italiana Alessandro Volta a Bogotá, fondata e guidata da amici del movimento. Insegno Religione e Scienze sociali al liceo, Religione ai ragazzi delle medie.
La grazia più grande che vivo è di avere amici veri, perché non si diventa professore da un giorno all’altro o improvvisando. Occorre invece guardare agli amici e ai professori che sono più avanti di te, lasciandoti correggere con umiltà. Ed è con loro che inizio la giornata: l’Angelus in cappella, poi un caffè insieme, il racconto reciproco delle lezioni che faremo. Prima della pausa pranzo, celebro la Messa per chi vuole e subito dopo andiamo a mangiare.
Non avevo mai pensato di fare il professore, però questa esperienza si è rivelata preziosa, perché è l’occasione per comunicare in modo integrale quello che vivo. Dopo qualche mese di esperienza, mi sono accorto di essere il primo sacerdote con cui questi ragazzi parlano seriamente. Ci è voluto quasi un anno per fare crollare le riserve, le paure, i freni e i pregiudizi che nutrivano nei confronti dei preti. Come ho fatto? Molto semplice: in primo luogo, insegnando ciò che appassiona me, ciò che è importante nella mia vita, mostrandomi come sono. Quando sono sincero, durante la lezione, avverto il silenzio profondo con cui mi ascoltano. Mi seguono stupiti. È il mio sine qua non per fare lezione. L’ho capito una volta che non avevo preparato bene una lezione e avevo deciso di usarne una già fatta sullo stupore e gli scienziati. Peccato che di scienza io non sappia niente, peccato che non mi piaccia in assoluto. Risultato? Tutti dormivano spudoratamente. Ho provato a salvare la situazione invitandoli a prendere un caffè con me dopo la lezione, ma in realtà erano annoiati.
Passo molto tempo con loro, ascoltando i loro problemi, raccontando con sincerità le mie esperienze, ponendo domande e rispondendo con criterio alle loro. Infine, mi siedo in mensa con i ragazzi a mangiare. Molti di loro sono affascinati dalla cultura messicana e perciò spesso porto dei peperoncini della mia collezione personale per tutti. Dal peperoncino e dal mate paraguayano partono sempre dialoghi interessanti. I commenti più frequenti sulla mia persona, la mia storia e le mie lezioni sono sul valore dell’amicizia: i ragazzi si sono accorti che per me è importante. Sanno che sono felice perché sono sacerdote e accompagnato da amici.
Tre mesi fa è partito l’esperimento del cineforum. Il venerdì dopo la scuola vediamo un film seguito da un dialogo guidato da me: è un momento così sincero e vero che la merenda passa in secondo piano. Poi la scuola finisce: mi vesto con gli abiti sportivi, prendo la bici e torno a casa. Durante il viaggio e dopo, nel silenzio in camera, il mio cuore è pieno dei loro volti.
Javier Rosales vive nella casa di Bogotá (Colombia), dove è insegnante di Religione e Scienze sociali. Nella foto, con alcuni ragazzi della comunità locale di Comunione e liberazione.