L’omelia di mons. Massimo Camisasca alle ordinazioni sacerdotali e diaconali della Fraternità san Carlo.

Carissimi fratelli e sorelle,

è con grande gioia e commozione che presiedo questa celebrazione eucaristica durante la quale, per l’imposizione delle mani e la preghiera di consacrazione, ordinerò diaconi e presbiteri un folto numero di miei fratelli e amici della Fraternità san Carlo.
Saluto con grande affetto e stima don Paolo Sottopietra, vostro superiore e tutti coloro che hanno lavorato durante questi anni, per la formazione dei seminaristi.
Saluto i genitori, i parenti e gli amici degli ordinandi, accorsi a questa celebrazione da molte parti dell’Italia e del mondo. Tra loro i sacerdoti concelebranti, i membri della Fraternità e i parroci delle chiese da cui provengono questi nostri fratelli.
Un saluto pieno di affetto e riconoscenza rivolgo a padre Mauro Giuseppe Lepori, Abate generale dell’Ordine Cistercense, che concelebra assieme a noi questa santa Messa.

L’ordinazione sacerdotale è un dono immenso che sgorga direttamente dal cuore di Gesù. Egli sceglie degli uomini chiamandoli ad una immedesimazione particolare con la sua vita. E attraverso di loro continua a vivere tra noi per incontrare gli uomini e le donne del nostro tempo, per curvarsi sulle loro ferite e donare a tutti la stessa pienezza di vita che gli apostoli hanno potuto sperimentare accanto a Gesù.
Cari ordinandi, venendo oggi ordinati all’interno della Fraternità san Carlo, la strada della vostra immedesimazione con Cristo passerà innanzitutto attraverso al preghiera, la vita comune e l’amicizia che vivrete in casa con i fratelli che il Signore vi mette accanto. Sempre di più mi rendo conto del grande dono che abbiamo ricevuto. Vivere il proprio sacerdozio custoditi dal calore di una casa in cui sperimentare in prima persona la comunione e l’amicizia che desideriamo comunicare ad ogni persona, è un “dono nel dono” ed è anche una responsabilità di fronte a tutta la Chiesa. Vivendo fino in fondo la vita della Fraternità, infatti, siete immersi in un fiume di bellezza, di pienezza affettiva e di passione per l’umanità di Cristo che non potete tenere solo per voi, ma siete chiamati a donare a tutta la Chiesa e all’umanità intera.

Desidero ora trarre dalla liturgia di questa domenica le parole con cui aiutare voi, nuovi diaconi e sacerdoti, e voi tutti qui presenti, ad entrare nel mistero che stiamo vivendo.
Come ho già accennato, il sacerdozio ordinato vive una profonda continuità con la missione di Gesù che è venuto come medico per i malati. Lo ha detto lui stesso: I sani non hanno bisogno del medico. Sono venuto per i malati (cfr. Mc 2,17). E per far capire a noi uomini, che abbiamo sempre bisogno di segni, che Egli è venuto per guarire tutto l’uomo – a partire dal centro, dal cuore, dove nascono gli orientamenti al bene e al male – Gesù ha guarito anche alcuni corpi, o addirittura li ha risuscitati da morte, per farci comprendere che Egli è la risurrezione e la vita.
Egli non permette che la vita ci abbandoni, come nella donna che abbiamo incontrato nel vangelo, che perdeva continuamente sangue, cioè la vita stessa di cui il sangue è la forza (cfr. Mc 5,25-34).

Come può guarire il sacerdote?
Innanzitutto con la preghiera, in particolare con la preghiera liturgica delle Ore e con la celebrazione della Santa Messa. Nella preghiera portiamo a Dio le domande, le grida, le suppliche, le invocazioni di tutte le creature. Questo è il primo e fondamentale asse del ministero sacerdotale: essere ponte tra la terra e il cielo, chiedere a Dio di intervenire e di mostrare la sua bontà paterna, la sua pietà misericordiosa. In questo modo, tra l’altro, il prete ci insegna continuamente chi è Dio.
Il sacerdote guarisce attraverso la proclamazione e il commento della Parola di Dio, della Sacra Scrittura, che egli deve perciò leggere, meditare e studiare con assiduità. La Parola di Dio, anche una sola parola, scava dentro di noi gli orizzonti sconfinati della storia di Dio con gli uomini e con ogni singolo uomo. È un insegnamento sulla vita che non si finisce mai di apprendere, una consolante presenza che non si finisce mai di gustare, una luce che illumina ogni circostanza della vita. La Parola di Dio penetra e trasforma.
Il sacerdote guarisce attraverso i grandi sacramenti dell’Eucarestia e della Penitenza. Sono i doni più grandi lasciati da Gesù. Purtroppo la Confessione è un sacramento quasi sconosciuto in tante parti della Chiesa. Molti sacerdoti non ne parlano più, non siedono in confessionale, privando così i loro fedeli di una grazia che nasce direttamente dalla morte e resurrezione di Gesù: Oggi sarai con me in Paradiso (Lc 23,43). Padre, perdona loro (Lc 23,34). Tutto ciò che perdonerete sarà perdonato (cfr. Gv 20,23).
Dedicatevi alla confessione e confessatevi voi stessi frequentemente, dopo esservi adeguatamente preparati.
L’Eucaristia poi è il sacramento per eccellenza della guarigione. In essa Gesù si fa cibo, cioè alimento. La sua umanità entra in contatto con la nostra e la sua divinità viene ad abitare il nostro essere materiale e spirituale.

Cari fratelli, ci sono tante altre strade di guarigione che si irraggiano da quelle che ho qui ricordate: penso all’opera educativa, alla guida spirituale, all’insegnamento, all’esortazione, all’aiuto al discernimento, alla correzione…
In tutto ciò il vostro ministero si incrocerà a sarà sorretto, coadiuvato e anche alleggerito da tante vocazioni laicali. Siate sempre i servitori del popolo di Dio, del Corpo di Cristo!
Mettetevi in ascolto del grido che sale dal mondo! Del grido dei malati dagli ospedali e dai letti di dolore, del grido dei poveri che non hanno casa, non hanno da mangiare, non hanno un lavoro dignitoso, del grido dei disperati, di coloro che sono soli, abbandonati, che sembrano senza futuro.
Il più delle volte non avrete possibilità di guarire, ma potete sempre prestare la vostra cura. Soprattutto potete parlare di Dio e offrire la vostra amicizia e la vostra accoglienza.
Mostrate il Crocifisso, colui che si è lasciato distendere sulla croce per noi, mostrate i segni di luce della Resurrezione presenti nella vita di ognuno. La morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo… ma Dio ha creato tutto per l’esistenza (Sap 2,24;1,14).
Nel cuore del sacerdote si combatte la battaglia tra Dio e Satana. Non abbiate paura di parlare del peccato e della necessità della penitenza e della preghiera. Gesù è venuto per liberarci dal peccato e dalla morte. La catechesi sul peccato e sulla morte illumina la grandezza della misericordia di Dio.

Ci prepariamo ora, nel silenzio e nel raccoglimento, al rito dell’ordinazione.
Dio ha scelto noi, poveri uomini, per essere, attraverso la nostra povertà, il tramite della sua grazia di guarigione.

Roma, Basilica papale di Santa Maria Maggiore, 27 giugno 2015.

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