È una strana compagnia, quella che da oltre un anno don Pietro Rossotti, varesotto prestato a Washington, frequenta insieme a qualche amico e a una cinquantina di ragazzi del Clu di Stati Uniti e Canada. Santi, beati, ma soprattutto uomini: gente interessante, se ha ispirato a Pietro e ai suoi amici una mostra – American Dream. In viaggio con i Santi americani, presentata quest’anno al Meeting di Rimini e visitata da migliaia di persone -, e un volume edito da Marietti, a cura di Mathieu S. Caesar e Pietro Rossotti, andato esaurito in pochi giorni. Al principio, c’è un tema scelto per la vacanza degli universitari: la santità. «Qui in America è molto in voga un moralismo che vede il santo come l’uomo perfetto. Abbiamo letto un testo di Giussani che invece dice l’opposto: “Il santo è l’uomo vero”. Da lì è iniziato un interessante dialogo su che cosa sia la santità come vocazione a cui tutti siamo chiamati». La seconda intuizione nasce durante un pellegrinaggio in Wisconsin, dove nel 1859 la Madonna è apparsa a una povera immigrata belga. «Our Lady of Good Help si trova a Champion, un luogo veramente sperduto, e pochi lo sanno. Eppure, si tratta di una delle quindici apparizioni riconosciute dalla Chiesa cattolica, come Lourdes. Questo silenzio ci ha colpito e ha fatto crescere in noi il desiderio di conoscere meglio la nostra storia».
Inizia così un viaggio che li porterà lontano, in lungo e in largo sul continente, attraverso lo spazio e il tempo che scandisce la storia del Mondo Nuovo. «Abbiamo cominciato dai gesuiti nordamericani, che forse sono i più conosciuti: Jean de Brébeuf, Isaac Jogues e i loro compagni, martirizzati nel Quebec all’inizio del XVII secolo, Charles Garnier. E abbiamo fatto vedere la connessione tra il loro sacrificio e la santità di Kateri Tekakwitha, una giovane indiana, la prima santa canonizzata da Benedetto XVI. Poi ci siamo spostati in California e abbiamo scelto la figura del frate minore Junípero Serra, canonizzato lo scorso anno da papa Francesco. Lo conoscono in pochi: ma nel Campidoglio di Washington, dove ogni Stato dona due statue che lo rappresentano, per la California c’è lui, san Junípero. Ci siamo poi spostati ancora più a Ovest e siamo andati nelle Hawaii del XIX secolo: qui, a Molokai, spese la sua vita il missionario belga Damien de Veuster, san Damien dei lebbrosi. Quando l’ha canonizzato, Benedetto XVI si è chiesto: qual è la lebbra dei nostri tempi? Bella domanda: impariamo la carità di Damiano e non ci tiriamo indietro anche nei nostri campus, dove la lebbra è il relativismo, l’individualismo, l’uomo che si fa da sé. Infine, siamo ritornati a Philadelphia nel secolo scorso, per scoprire l’avventura di Katharine Drexel, questa grande santa che fondò un ordine e diede vita a scuole per afroamericani e nativi. Una carità operativa, la vita che esplode: ti fa capire che non c’è dualismo tra costruire opere e portare Cristo».
Non solo storie edificanti, non proprio modelli di successo. Mancano le conversioni di massa, i miracoli clamorosi. Gli otto gesuiti martirizzati dai selvaggi a cui volevano portare Cristo, la giovane indiana che ha dato testimonianza a Gesù “semplicemente vivendo”, san Damien, che nelle lettere ai genitori e al fratello confessa il disgusto che prova per la malattia di cui lui stesso morirà: «E piano piano, dopo anni e anni, riuscii a dire al lebbroso: “Tu, o Cristo”». Di lui, il Mahatma Gandhi scriverà: “Sarebbe interessante comprendere la fonte di tale eroismo”. È anche l’idea che colpisce i ragazzi di don Pietro: «Che cosa è il successo? Non è in mano nostra ma di Dio. Cambiano i criteri. Se la vita è veramente donata a un altro, è diverso anche il modo in cui vedi il tuo successo. La loro vita cambiava grazie alla percezione che avevano dell’essere mandati lì, chiamati. La loro grandezza è la testimonianza: così si propaga il cristianesimo». In coda alla mostra, c’è un grande ritratto, quello di don Giussani. Non proprio un americano. «Nell’ultima stanza ci siamo noi e quello che abbiamo scoperto: la compagnia come luogo in cui la santità viene educata e vissuta. Il santo non è un individuo isolato, non esiste santità senza appartenenza. Per noi tutto questo diventa concreto dentro la grande storia del movimento. Il sì di don Giussani genera per noi la possibilità di dire sì a Cristo». E ai santi, i suoi compagni di avventura, i nostri amici.
Nella foto,la mostra American dream, presentata al Meeting di Rimini 2016. Info: www.meetingmostre.com