Pubblichiamo un estratto dalla prefazione del vescovo di Reggio Emilia-Guastalla al libro di don Attanasio «Con gli occhi della sposa. I misteri del Rosario».

È questo il primo libro di Gianluca Attanasio. Altri, ne sono certo, seguiranno. Perché don Gianluca (per tutti “Atta”) ha scoperto di recente la scrittura. Quanto è tesoro nascosto nelle profondità del suo essere, prima emergeva attraverso le sue lezioni e omelie, in particolare ai giovani, ai seminaristi, ai sacerdoti. Ora comincia ad affiorare anche attraverso la parola scritta.

Atta è stato ed è una delle persone più importanti della mia vita. Accanto a mio padre e mia madre, a mio fratello, a don Giussani, a don Paolo Sottopietra, c’è lui.

Qual è la ragione di tale importanza? Atta è capitato nella mia vita quando la Fraternità san Carlo muoveva i suoi primi passi. Non i primissimi, ma quelli decisivi. Si aprivano le prime case, si intensificavano le ordinazioni sacerdotali. È stato mio segretario particolare, poi segretario generale della Fraternità, vice-rettore e rettore del seminario, quindi vicario generale. Oggi ha iniziato una nuova missione, difficile ed esaltante, nel rione Sanità a Napoli. Ma la ragione della sua vicinanza alla mia vita è ancora più profonda. Ed ha molto a che fare con questo libro e con quelli che verranno. Atta è stato ed è per me un maestro di vita spirituale.

Le nostre conversazioni, come è naturale tra amici del cuore, hanno avuto per tema ogni campo dell’umano. La letteratura e la poesia (ama molto, come me, Shakespeare e Ungaretti), il calcio (siamo entrambi milanisti), la musica (Bach e Rachmaninov, soprattutto), le canzoni, la politica e la pittura, la storia e la filosofia, l’attualità. Venti anni di conversazioni! Ma più di tutto abbiamo letto e commentato assieme la Sacra Scrittura e i grandi maestri dello spirito: Agostino, Gregorio Magno, Tommaso d’Aquino, Bernardo e molti altri. Atta ha letto Origene e gustato i filosofi russi dell’Otto e Novecento: Solov’ëv e Florenskij in particolare.

Io non ho la sua profondità e mi mancano tante corde che lui possiede in modo eccellente: una profondità mistica e una semplicità di cuore che mi hanno sempre colpito. Da don Giussani ha imparato l’immedesimazione con l’evento narrato. Non ci parla semplicemente di Gesù, ci fa vivere, plasticamente, con lui. Non tutto ciò di cui parla in questo libro è veramente raccontato dal Nuovo e dall’Antico Testamento. Tutto è però verosimile. In lui il racconto nasce dalla lunga consuetudine con il libro dei salmi e con i Vangeli, meditati, ascoltati nel silenzio.

Se in questi vent’anni ho amato il silenzio e ho gustato la sua forza che trasforma la vita, lo devo all’insegnamento di Giussani e, nella stessa misura, all’esempio trascinante di Atta. Le sue letture, quasi in una bella competizione, sono diventate anche le mie. Non mi stupisco perciò che sia nato questo libro. Il rosario è stato spesso un nostro comune compagno di viaggio. Don Gianluca, attraverso i misteri della vita di Gesù, ci porta sulle strade della Palestina, ci fa vivere in quel tempo senza sradicarci dal nostro.
massimo camisasca

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