Vivian non si era mai avventurata tra le baracche di Kahawa Wendani, la zona più povera del quartiere di Nairobi in cui abita con i genitori. Ha 21 anni e la fortuna di avere una famiglia benestante, tanto da poter frequentare l’università.
A farle da guida tra il fango e le lamiere è don Roberto Amoruso, un prete italiano conosciuto in parrocchia qualche tempo prima. Lo segue dappertutto perché vuole scoprire il segreto custodito nel suo sguardo. Don Roberto non fa troppi discorsi, passa di tugurio in tugurio per portare ciò che per lui conta di più: l’amicizia e i sacramenti. L’eucarestia agli ammalati, l’estrema unzione a chi se ne sta andando, la misericordia di Dio a chi ha sbagliato.
Un incontro colpisce Vivian più degli altri: quello con una ragazza di 19 anni, abbandonata dal suo uomo e decisa ad abortire. Don Roberto la abbraccia, senza giudicarla, le mostra il volto concreto di Dio, padre misericordioso che perdona e che non abbandona mai i suoi figli. Fino a prendersi concretamente cura di ogni bisogno: una famiglia di amici è già pronta ad accogliere la giovane mamma e il suo bambino.
«Come è desiderabile essere amati ed amare così» pensa Vivian, dando un nome alla Presenza nascosta nello sguardo di don Roberto.
L’aveva intuita subito, quando aveva accettato l’invito a partecipare alla scuola di comunità in parrocchia. Una chiesetta di lamiera dedicata a san Giuseppe, costruita nel 1997 dai quattro sacerdoti della Fraternità san Carlo nella loro prima missione in Kenya. È la prima comunità parrocchiale di Kahawa Sukari, che significa caffè e zucchero. Vicino al territorio della parrocchia c’è ancora la fattoria della baronessa Karen Blixen, a cui questo lembo di terra deve la sua notorietà grazie al romanzo autobiografico La mia Africa.
Una distesa di fango ha preso il posto delle piantagioni di caffè, dove si vive con meno di un dollaro al giorno. Vivian ha una casa decorosa e un padre e una madre che si vogliono bene, ma non vuole tenere per sé la sua fortuna, desidera aiutare la sua gente a stare meglio. Per questo rimane impressionata leggendo un articolo sull’educazione di don Luigi Giussani sulla rivista Tracce, il mensile di Comunione e Liberazione, acquistata da un compagno di università.
«Interessante questo prete» aveva pensato, ma poi tutto era finito lì. Un lampo le attraversa la memoria quando, all’ingresso della chiesa, un seminarista le offre una copia di Tracce. Vivian lo compra, aderisce senza esitare all’invito alla scuola di comunità. Conosce i sacerdoti della missione: don Alfonso, don Valerio, don Giuliano, don Roberto e don Gabriele che si aggiungerà successivamente.
La chiesetta di lamiera diventa così, ben presto, una bella e grande chiesa di pietra, i locali parrocchiali si aprono ai più bisognosi, ai bambini disabili e alle donne malate di AIDS. Apre i battenti l’asilo «Emanuela Mazzola», luogo privilegiato per sperimentare il metodo educativo di don Giussani. Un’opera così incisiva che un gruppo di genitori del quartiere decide di dar vita all’associazione «St Joseph Urafiki Foundation» (Fondazione amicizia) per aiutare i missionari ad aprire anche una scuola elementare per i loro figli.
Vivian partecipa con entusiasmo alla vita della comunità parrocchiale, di cui travalica presto i confini. Si lega agli amici di Comunione e Liberazione sparsi per Nairobi e tra loro incontra l’uomo della sua vita. Anthony Maina, studente modello, e ora preside della scuola primaria «Little Prince», costruita da AVSI vicino a Kibera, lo slum più esteso e povero del mondo. Un uomo innamorato di Cristo che Vivian sposa l’anno successivo. C’è solo un fatto che turba la sua felicità: don Roberto deve lasciare il Kenya perché la Fraternità lo ha destinato a Washington. Vivian lo saluta con le lacrime agli occhi, ma fa tesoro di ciò che don Roberto le ha testimoniato. Dio non tradisce mai e compie sempre ciò che promette, anche quando l’apparenza sembra indicare il contrario.
Vivian e Anthony lo capiscono qualche anno dopo. Damian, il loro bimbo di cinque anni, si ammala di leucemia. Il primo a cui comunicano la diagnosi è don Alfonso. La sua prima reazione è quella di organizzare una novena con gli amici e il rosario in parrocchia per domandare la guarigione alla Madonna e a don Giussani. La compagnia continua in ospedale, dove don Alfonso porta l’eucarestia a Vivian e gli amici si alternano per fare con lei la scuola di comunità. Volti necessari per ricordare che chi dona la vita ha già redento anche ogni sofferenza.
Un primo miracolo di fede e di amicizia è il ricovero in un ospedale italiano: a migliaia di chilometri di distanza Vivian si sente a casa, perché trova altri amici ad aspettarla e a ricordarle che Dio non abbandona mai i suoi figli. Il calvario dura più di un anno e si conclude al santuario kenyota di Komarock: Vivian domanda alla Madonna di continuare ad accompagnare Damian – tornato a scuola dopo la remissione della malattia – e di donarle sempre la semplicità di sapersi stupire davanti al Mistero che l’ha scelta e preferita.
Un segreto nello sguardo
In occasione del trentennale della San Carlo, Alessandra Buzzetti racconta la storia di Vivian che ha riscoperto la fede grazie all’amicizia con i nostri missionari a Nairobi.