Gennaio 2011. A Cotignac, in Francia, presso il monastero La Font Saint-Joseph du Bessillon, soggiorna Rachele Paiusco, superiora generale delle Missionarie di san Carlo Borromeo. Insieme a tre sorelle, fa un voto a san Giuseppe, chiedendo di trovare una casa più grande che possa ospitare a Roma chi guida le Missionarie, e dove accogliere e formare le nuove ragazze che Dio farà arrivare. Inizia qui la storia della nostra nuova casa, una storia fatta di indagini, di porte a cui abbiamo bussato, di giri esplorativi nella campagna romana, di richieste di aiuto e voci diffuse a persone conosciute e non.
Dopo alcuni anni di ricerca, il compito venne dato a me. Approfittando delle mie origini liguri e della vicinanza con la Francia, anche io, nell’agosto del 2014, ho voluto proseguire il lavoro svolto fino a quel momento da altre sorelle: mi sono affidata a san Giuseppe, a Cotignac, portando là una lettera di Rachele che rinnovava la domanda di aiuto.
Tra il gennaio e il febbraio del 2015, da due parti diverse, ricevetti notizia dell’esistenza di un monastero di Clarisse Cappuccine. Situato in via Aurelia Antica, il “Monastero Sant’Urbano” sarebbe stato presto lasciato dalle suore che, rimaste in poche, anziane, non avevano più la forza per abitare e gestire un edificio così grande. Venni inoltre a sapere che l’immobile era di proprietà della Santa Sede.
Il 13 maggio, memoria della Madonna di Fatima, lo andai a vedere insieme a don Mimmo e ad alcuni dipendenti dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Era una giornata romana soleggiata e tersa. Una delle prime cose che mi conquistò fu la bellezza del luogo in cui questo monastero si trova: in fondo alla confinante via Piccolomini, subito cattura l’occhio la Cupola di San Pietro e, di fronte, i bellissimi pini marittimi del parco di Villa Dora Pamphili si stagliano imponenti nel cielo blu. Una volta entrata per l’ingresso un po’ stretto ed angusto di via Aurelia Antica, mi colpirono la semplicità e la sobrietà dello stile francescano delle piccole celle delle suore, ma anche tanti ambienti non più curati da tempo. E ancora, il giardino con la grotta della Madonna, gli alberi da frutto e il colore acceso di una bouganville, il cortile che fa spazio ad una bella statua di santa Chiara, messa a protezione del monastero, i terrazzi che aprono la visuale sul parco della Villa.
Poco tempo dopo vi tornai con Rachele: osservando, ragionando e pregando Dio di illuminarci, dopo aver portato anche don Paolo Sottopietra a vedere il monastero, il giorno di Pentecoste decidemmo che quella poteva essere la nostra casa e che valeva la pena proseguire su quella strada. Così, passo dopo passo, siamo giunte a firmare il contratto di comodato d’uso il 22 ottobre, giorno in cui si festeggia san Giovanni Paolo II. Anche lui ha voluto farci sentire la sua vicinanza!
Durante tutto quest’anno, preparandoci ad affrontare le ingenti spese per i lavori di ristrutturazione, insieme alle mie sorelle sono stata spettatrice di una sovrabbondanza di doni che ci ha lasciate stupite e grate. Un popolo ci sta aiutando a costruire la nostra casa: c’è chi ha offerto il lavoro di progettazione per la ristrutturazione, chi ci ha donato mobili, materiali e consigli, chi ha organizzato trasporti, chi ha immaginato insieme a noi l’arredo, chi ci ha messo a disposizione un aiuto economico, chi ha deciso di restaurare le porte e le finestre, chi ha investito il suo tempo per sistemare il giardino e pulire. Insomma, ci ha travolte un fiume di carità, il desiderio di tanti di partecipare alla costruzione della nostra casa.
Un primo gruppo vi entrerà il 12 settembre 2016. Da Natale saremo lì in 20. Nei mesi successivi saremo felici di accogliere gli amici nella nuova foresteria. Percepiamo questa casa come segno dell’amore di Dio a noi e alle persone a cui siamo mandate.
(Un’immagine della nuova casa delle Missionarie di san Carlo a Roma.)