Una casa del cuore

La comunità parrocchiale di Santa Giulia di Torino: una casa del cuore dove sentirsi amati e imparare ad amare. L’oratorio, la vita in comune, adulti e giovani. Un’esperienza cristiana guidata e viva – pubblicato su tempi.it

Nell’immagine, un momento del Maggio in oratorio, nella parrocchia di Santa Giulia, a Torino.

Ecco una nuova puntata della nostra rubrica La Chiesa di domani. Dopo aver dedicato i primi approfondimenti ad alcune considerazioni sulla vita cristiana di oggi, abbiamo poi incontrato una comunità: Simone di Cirene. Oggi ne incontriamo un’altra: la comunità parrocchiale di santa Giulia di Torino, un’esperienza molto singolare per ragazzi giovani e famiglie, nata intorno ai preti della Fraternità San Carlo negli ultimi anni.

Lo senti, il vociare impaziente?
Bussano alla porta
Così facciamo noi, tutta la vita.
Alla ricerca di una casa del cuore in cui sentirci chiamati.
Saperci amati.

Questa poesia, il cui autore per discrezione ha voluto rimanere nascosto, si trova all’ingresso della casa parrocchiale di Santa Giulia e va al cuore dell’esperienza che anima oggi quelle antiche mura.
Le voci sono quelle dei tanti bambini che ogni giorno popolano la casa parrocchiale e l’oratorio, insieme ai ragazzi delle medie, delle superiori, agli universitari, e soprattutto insieme alle famiglie. Bambini che corrono da tutte le parti, si nascondono sotto i tavoli, saltano sui divani, giocano con le costruzioni, tirano il pallone, cantano, ridono. Ogni tanto se ne può trovare anche qualcuno che prova lo skateboard nuovo per il lungo corridoio della grande casa.
Negli ultimi anni la comunità di Santa Giulia si è molto allargata e tante sono le famiglie che ne fanno parte, tutte spinte dal desiderio di poter trovare quella casa del cuore dove sentirsi amati e imparare ad amare. Gli incontri proposti agli adulti e alle famiglie, che ormai da sei anni si svolgono ogni mese, questa volta hanno avuto a tema l’umiltà, un tema apparentemente impegnativo, ma che è stato il nuovo passo di un percorso maturato nel tempo. Come è possibile seguire veramente Cristo, lasciarsi amare da Lui e imparare a donarsi agli altri? La semplicità dei bambini, la purezza del cuore, l’umiltà appunto di lasciarci portare da Lui è il cammino da compiere ogni giorno, in famiglia, sul luogo di lavoro, ovunque. E dallo stesso percorso fatto insieme, le famiglie hanno maturato anche una piccola regola su cui si è lavorato durante gli incontri. Una regola che raccoglie l’esperienza di una vita cambiata vissuta insieme, a piccoli passi, attraverso la preghiera personale, famigliare e una vita comunitaria che ha al centro la passione per l’educazione, la missione e la gloria di Cristo nelle pieghe del quotidiano.

In questo piccolo libretto dal titolo La bellezza salverà il mondo è riassunto tanto di ciò che queste famiglie hanno vissuto e sperimentato all’interno delle loro stesse case e insieme alla casa della San Carlo. Una vita familiare plasmata dal silenzio vissuto come memoria di Cristo, e dal dialogo comune come attenzione all’altro e apertura al mondo.
Si parte da una regola di preghiera personale e tra coniugi, per arrivare ad una possibilità di trasmettere la fede anche ai più piccoli. Sono così nate alcune riflessioni, sempre maturate nell’esperienza, sui pasti in comune, punto fondamentale della vita familiare, fino all’uso delle tecnologie, alle scelte lavorative e all’impiego del tempo libero. Infine un’attenzione profonda per la vita comunitaria, a partire innanzitutto dalla casa aperta e poi da una condivisione tra le famiglie che possono così sostenersi nel difficile compito educativo.
Ed è proprio questo che si può vedere accadere nella comunità. Dagli incontri mensili si è poi passati a far nascere gruppetti più ristretti, in cui riprendere le tematiche affrontate ma anche condividere più strettamente la quotidianità di ciascuno. Qui ognuno ha la possibilità di raccontarsi e di essere sostenuto, e questo a poco a poco ha fatto nascere delle amicizie che riempiono di bellezza e di gioia la vita. Alcune famiglie hanno deciso di iscrivere i figli insieme a scuola, o di andare a vivere vicino per potersi sostenere maggiormente nelle fatiche di tutti i giorni. Anche sull’uso delle tecnologie la condivisione costante tra i genitori ha tante volte permesso di fare una proposta comune e condivisa ai ragazzi, in un mondo dove tutto dice il contrario. Ma se si è scelto insieme di ritardare l’utilizzo del cellulare, limitare i videogiochi, non guardare la tv dopo cena, ci si è anche chiesti che proposta si sarebbe potuta fare, e da lì è nata l’idea di fare dei cineforum con proposte scelte, organizzare momenti di giochi da tavolo, serate in oratorio, gite, tornei di calcio e pallavolo, insomma è nata una comunità appassionata all’educazione degli adulti e dei ragazzi, che fin da piccoli si sentono inseriti in una grande famiglia che li introduce alla scoperta della realtà.
Dalla bellezza vissuta assieme è cresciuto anche il desiderio di incontrare tutti. Il Maggio in Oratorio, un evento che dura per un mese intero, coinvolge i sacerdoti e le famiglie nell’apertura al quartiere e a tutta la città, a chiunque insomma voglia entrare e partecipare di questa esperienza. I papà e i ragazzi grandi fanno gli allenatori dei tornei di calcio e pallavolo, le mamme organizzano la cucina, i ragazzi il bar, e poi ci sono gli eventi culturali, le feste, i balli, e soprattutto le numerose occasioni di incontro personale che, in un momento così difficile in cui le relazioni sembrano essersi sfilacciate, sono fondamentali per ritornare a credere che gli altri non sono nemici da evitare ma fratelli da accogliere per il nostro stessobene.
La stessa esperienza è accaduta anche tra le famiglie più giovani, quando, cinque anni fa, da una cena tra uno dei sacerdoti della missione e due coppie di neosposi, è nata quella che oggi è una proposta che coinvolge una trentina di famiglie nei primi anni di matrimonio. Ci si ritrova una volta al mese in oratorio per un incontro (alternando lezione, testimonianza, assemblea) seguito da una cena tutti insieme, divisi per piccoli tavoli così da riuscire a parlare meglio. Questo momento, in cui si stacca dalla frenesia del quotidiano per dare un giudizio sulla propria esperienza di moglie, marito, genitore, è presto diventato un percorso spontaneo di vita comune anche al di fuori della Parrocchia. Alcune famiglie hanno infatti deciso di andare ad abitare vicine o di incontrarsi più volte durante la settimana per accompagnarsi nelle vicende del quotidiano. Sono nate delle piccole comunità di amici, che non vedono l’ora di stare insieme, perché due cuori e una capanna va bene, ma solo se si è in un villaggio!

Colui che abita la grande casa Santa Giulia, infatti, è lo stesso che prende dimora in ogni casa e, dal giorno del matrimonio, rende una carne sola gli sposi. CercandoLo continuamente, si può vivere un piccolo pezzo di paradiso sulla terra.

Il punto sorgivo comune è il fascino avvertito immediatamente varcando la soglia di Casa Santa Giulia. Una scintilla di bene: l’intuizione della grandiosità della vocazione di ciascuno che, vissuta insieme e in pienezza, porta frutti inimmaginabili.
Riprendendo i versi della poesia iniziale, la porta di Santa Giulia si apre per tutti coloro che bussano.
Il vociare impaziente è dunque anche quello dei giovani sposi che si affacciano alla vita matrimoniale, pieni di entusiasmo e voglia di grandezza misto a un po’ di timore tipico degli inizi, dell’avere “tutta la vita davanti!”, desiderosi di trovare il proprio posto nel mondo. Accolti con semplicità in questa antica casa – corridoi e saloni curati, il chiostro fiorito e pieno di pace, segno di un grande amore per il bello – sperimentano il modo di vivere dei sacerdoti, chiamati ed educati, per sempre, a una vita comune.
L’amicizia che questi ultimi mostrano, la carità tra di loro, è il primo punto di attrazione, anche perché in realtà accomuna entrambi, coppie e sacerdoti: con la grazia di Cristo, la relazione con l’altro genera sempre un bene.
Poco importa se la giovane coppia ha varcato la soglia per la prima volta durante il corso prematrimoniale, per quattro chiacchiere con qualcuno o un invito a pranzo: in quelle stanze piene di volti, si sta in famiglia. Santa Giulia diventa davvero luogo del cuore, in cui, chiamati per nome, ci si sente amati.
Da qui il grande desiderio di riportare questa esperienza anche fuori, adattando modi e momenti della vita parrocchiale alla propria realtà quotidiana, come è stato descritto appunto nella piccola regola proposta a tutti quest’anno, col vantaggio, in questo caso, di poter essere accompagnati già dai primissimi mesi di vita familiare, per gettare da subito solide basi per il futuro.
In questo senso la Parrocchia ha una grande ricchezza: le sue stanze ampie ospitano tutte le età, dai giovanissimi fino agli anziani. Questo permette alle giovani coppie di guardare con speranza ai più grandi, a quelle famiglie con figli cresciuti che hanno già affrontato tante dinamiche coniugali e di neogenitori. D’altro canto, invoglia a mettersi in gioco in prima persona, per accogliere ed aiutare i più giovani, ospitando per esempio a cena fidanzati o universitari. Condividere un pezzetto di strada rende il cammino più lieto, nel rispetto della libertà di ciascuno. Questo è un altro aspetto centrale in questo luogo: nessuno si sente in dovere di partecipare o di fare qualcosa, ognuno trova liberamente il suo posto, e con esso il riposo del cuore.
Colui che abita la grande casa Santa Giulia, infatti, è lo stesso che prende dimora in ogni casa e, dal giorno del matrimonio, rende una carne sola gli sposi. CercandoLo continuamente, si può vivere un piccolo pezzo di paradiso sulla terra e, insieme anche ai figli e agli amici, far fiorire silenziosamente in modo meraviglioso la piccola storia di ogni famiglia nella grande Storia dell’uomo.

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