Una compassione affettuosa

Lo sguardo di Maria conserva in sé l’innocenza dei bambini e si posa sulle nostre miserie.

Antonio Rossellino, «Madonna e il bambino che ride», 1465.

Il 25 marzo suor Teresa ha pronunciato i voti definitivi nelle Missionarie di san Carlo. Mettendo le sue mani in quelle della sua superiora e chiamando a testimoni i santi del cielo e i fratelli sulla terra, ha reso pubblica la decisone di appartenere per sempre a Cristo come unico Sposo della sua vita.
Quando una nostra sorella arriva a questo passo, è per noi sempre una grande festa. Vogliamo perciò dedicarle qui una bellissima pagina di Bernanos sulla verginità di Maria. Le parole del grande scrittore francese gettano infatti una luce particolare sul compito di una donna che si consacra a Dio.

Nel celebre romanzo Diario di un curato di campagna, Bernanos riflette sul potere, proprio dello sguardo dei bambini, di disarmare la malizia degli adulti. «La nostra povera specie certo non vale molto» scrive Bernanos, «ma l’infanzia riesce sempre a commuoverle i visceri, l’ignoranza dei piccoli le fa abbassare gli occhi». Tuttavia, aggiunge, l’innocenza dei bambini è in fin dei conti solo ignoranza del male che verrà presto meno, perdendo almeno in parte quel suo caratteristico potere di richiamo. La Madonna ci appare invece immersa in una condizione qualitativamente diversa. A Maria è mancata la pur minima esperienza del peccato e così, scrive Bernanos «è rimasta bambina». Ha cioè conservato intatta la sua innocenza anche in età adulta, in tutte le scelte consapevoli e libere che ha compiuto, pur partecipando pienamente alla vita di tutti. È per questo che «lo sguardo della Vergine è il solo veramente infantile, il solo vero sguardo di bambino che mai si sia posato sulla nostra vergogna e la nostra miseria». Ma lo sguardo con cui Maria incontra gli uomini feriti e peccatori «non è affatto di indulgenza» riflette ancora Bernanos, «perché non c’è indulgenza senza una qualche esperienza amara». È piuttosto «uno sguardo di compassione affettuosa, di stupore doloroso, di non so quale altro inconcepibile, indicibile sentimento che rende la Vergine più giovane del peccato, più giovane della razza dalla quale discende».
Rapito in una sorta di visione, il protagonista del romanzo contempla il viso di questa creatura unica e più tardi annota nel suo diario: «Era un volto di bambina o di giovinetta, senza alcuno splendore. Era il volto stesso della tristezza, ma di una tristezza che non conoscevo, alla quale non potevo avere parte: così vicina al mio cuore, miserabile cuore d’uomo, e tuttavia inaccessibile. Non c’è tristezza umana senza una qualche amarezza e quella non era che soavità senza rivolta, e quella non era che accettazione. La nostra tristezza nasce dall’esperienza delle nostre miserie, esperienza sempre impura, e quella era innocente. Era l’innocenza».

La gloria della Madonna fu il suo cuore vergine, capace di vera tristezza per il male, la sola capace di muovere verso il bene.


La gloria della Madonna fu il suo cuore vergine, capace di vera tristezza per il male, la sola capace di muovere gli uomini verso il bene. E quel suo sguardo divenne anche la sua missione a vantaggio degli uomini segnati dal peccato e dalla sofferenza che esso genera. La sua innocenza divenne potere per la salvezza di tutti.

A che cosa si impegna una giovane donna, facendo voto di verginità?
Si impegna a imitare Maria e a ricercare l’innocenza. Si impegna a mendicare quotidianamente quel cuore di bambina che brilla nell’unica donna veramente compiuta che sia vissuta sulla terra, e in questo anche lei trova la sua missione. Dio vuole infatti che gli uomini possano incontrare sorelle e madri che abbiano gli stessi occhi della sua, che trasmettano un riflesso di quella compassione piena di dolore e di speranza che ha un effetto così potente sul cuore umano. Al riparo di quello sguardo, molte persone malate e stanche potranno trovare la grazia di una nuova giovinezza.

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