Una libertà permanentemente educata

Che cosa desideriamo vivere? E che cos’è essenziale? Ecco due domande che possono aiutarci a vivere in modo libero il rapporto con gli strumenti tecnologici.

Diego García durante il centro estivo della parrocchia Beato Pedro Bonilli, a Santiago del Cile

Nelle lezioni di teologia che teneva nell’aula magna della Cattolica di Milano, don Giussani citava spesso uno dei primi studi statistici provenienti dagli Stati Uniti in cui si analizzava l’influsso del cinema sulla mentalità dei cittadini americani. “Chi allora andava al cinema una volta alla settimana”, ci diceva, “in poco tempo ragionava come la media dei personaggi dei film che aveva visto”. E, dopo averci scrutato in silenzio per qualche istante, puntualmente aggiungeva: “Pensate oggi, che di film ne vedete uno o due al giorno!”.
Volendo che nelle case dei Memores Domini ogni dettaglio facilitasse la memoria continua di Cristo, Giussani chiese da subito che non vi fosse la televisione. Fin dagli anni in cui iniziava a diffondersi nelle famiglie italiane, l’aveva descritta come uno di quei “modernissimi mezzi di invasione della persona” ai quali era dovuta una “esasperazione dell’influenza ambientale” sul modo di pensare dei giovani.
Possiamo applicare queste considerazioni, e con più forza, anche alla situazione che si è creata in tempi più recenti. La diffusione delle nuove tecnologie di comunicazione, dai telefoni portatili ai tablet, dall’e-mail a Internet, fino alle reti sociali virtuali non è un fatto neutro. Esse tendono a mutare il nostro rapporto con tutta la realtà.
Il punto di partenza dell’educazione che proponiamo a noi stessi in questo campo è dunque l’invito ad abbandonare ogni atteggiamento ingenuo. Vogliamo al contrario prendere coscienza in profondità delle conseguenze che l’uso di questi strumenti ha avuto e ha su di noi, capire quale modalità di rapporto con lo spazio e il tempo, con le cose e le persone ci abbia trasmesso.
Voglio soffermarmi su due domande basilari che aiutano noi e che possono forse costituire un primo orientamento per altri.

La diffusione delle nuove tecnologie di comunicazione non è un fatto neutro. Esse tendono a mutare il nostro rapporto con tutta la realtà.

La prima è questa: Che cosa desideriamo vivere?
Vogliamo innanzitutto educarci a valutare tutto, fino ai particolari più concreti della nostra vita, in funzione dei nostri desideri più profondi, lucidamente identificati. Non è scontato domandarsi e ricordarsi di continuo che cosa desideriamo veramente, ma è necessario imparare a farlo.
Proviamo a elencare le grandi cose che hanno affascinato noi. Innanzitutto ci accomuna il desiderio di conoscere Dio, che ci ha chiamato, e di rispondergli con totalità. Vogliamo poi aderire con tutte le nostre energie affettive alla comunità a cui apparteniamo, per sperimentare in essa il compimento che ci è stato promesso. Infine vogliamo spenderci completamente per la missione, stando dove Dio ci mette, e dedicarci alle persone che ci sono affidate senza che affetti e pensieri portino altrove il nostro cuore.
Sono queste le grandi attrattive che ci hanno portato nella Fraternità san Carlo. Di conseguenza, è ragionevole aderire realmente alla vita che abbiamo scelto, rendere nostro ciò che ce l’ha fatta apparire così bella.

La seconda domanda segue naturalmente alla prima: Che cosa è essenziale per vivere ciò che desideriamo?
Posta in questo modo, la questione lascia aperte tutte le possibilità. Non può infatti trovare una risposta univoca, adatta a ogni situazione o persona, anche quando parliamo di strumenti tecnologici. Vogliamo però aiutarci a rispondere insieme. Sappiamo bene che, da soli, siamo spesso confusi a riguardo dei nostri reali bisogni, tentati dalla fretta di risolvere problemi che ci sembrano urgenti, deboli di fronte alla pressione o al fascino che esercita su di noi l’ambiente in cui viviamo. Vogliamo perciò imparare a giudicare che cosa consideriamo essenziale secondo criteri continuamente riscoperti insieme. Vogliamo insomma puntare sulla grande risorsa di una libertà permanentemente educata nella nostra comunione.
Si tratta di un cammino a volte faticoso, ma che diventa bello proprio a partire dalla presa di coscienza di ciò che desideriamo. Un cammino che non esclude delle regole, ma che esige un lavoro costante per riguadagnare la convinzione della loro convenienza.

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