L’esperienza che più di tutte le altre mi ha fatto pensare «Ecco, il Paradiso deve essere come questo», non è stato un dolce momento di amore, anche se momenti del genere hanno portato fortemente alla mia coscienza il desiderio del “per sempre”. Non percepisco l’immagine del Paradiso nemmeno nei momenti di successo, quando per esempio ricevo un ringraziamento sotto forma di applauso dopo una mia testimonianza pubblica, anche se provo il desiderio di aver sempre di più questa approvazione. Proprio in quei momenti di positività e di luce, a dire il vero, sono assalito dall’angoscia di poter perdere quella positività, quell’affetto, magari a causa dei miei difetti.
Invece i momenti che mi hanno fatto immaginare più da vicino il Paradiso hanno a che fare con una sorgente di acqua. Scaturiva dalla terra non lontano da un sentiero che percorrevo quando accompagnavo gruppi di giovani in gita nella foresta. Facevamo lunghe scampagnate, che potevano durare qualche giorno o anche una settimana. Passavamo nei pressi di quella fonte tornando al campo centrale, dopo aver superato creste di montagne molto ripide, attraversato la foresta e i canyon profondi. Sapevo di trovare lì, qualche metro discosta dal sentiero, quella sorgente. Arrivavamo dopo ore di dura camminata ed eravamo stanchi, impolverati e assetati.
I primi sorsi d’acqua erano quasi scioccanti: era possibile che semplice acqua, per quanto acqua sorgiva, avesse un sapore così meraviglioso, indescrivibile? Mi stupiva sempre che quel sapore dell’acqua, con la sua freschezza che portava nuova vita a ogni cellula del mio corpo, sembrava scendere nel mio stesso animo, risvegliandolo, come se prima di quel momento avesse sempre dormito. Gridavo per la gioia, per la vitalità che infondeva. Era sempre un momento di comunione eccezionale, in cui ci guardavamo negli occhi l’uno l’altro, con espressione di incredula soddisfazione. Senza che nessuno dicesse una parola, scoppiavamo a ridere. Svuotavamo le borracce per riempirle con quell’ambrosia, anche se sapevamo che, contaminata dalla plastica o metallo della borraccia e scaldandosi nel calore del sentiero, l’acqua avrebbe perso la sua magia.
Sì, quei momenti mi facevano pensare al Paradiso. E mi hanno fatto capire un paio di cose riguardo al Paradiso. La profondità della soddisfazione che mi dava quell’acqua era connessa all’intensità della mia sete. Se il Paradiso sarà come bere l’acqua di quella sorgente, allora il Paradiso non sarà un posto dove non avrò sete. Invece starò lì davanti al Signore, sempre più intensamente assetato di attingere alla sua presenza. Vedere il Signore non sarà una soddisfazione, una volta per tutte, ma una continua intensificazione del mio bisogno di bere da quella sorgente. L’animo sarà sempre più scavato dal suo sguardo, e richiederà sempre più nutrimento dalla comunione con lui. E non solo, sarà anche il volto degli altri che condividono con me l’esperienza, sempre più desiderabile per l’intensità dell’esperienza condivisa, sempre nuova, sempre sorprendente, mai provata prima. Quante cose leggeremo sulla faccia l’uno all’altro: la scoperta di chi è Dio, chi è il Suo Figlio, chi sono io, e chi siamo noi, continuamente resi più assetati e più soddisfatti.
Una sete infinitamente appagata
In paradiso la nostra anima richiederà sempre più nutrimento dalla comunione con Dio.