In una lettera a don Paolo Sottopietra dalla missione di Taiwan il racconto di una morte santa

Taipei, 21 gennaio 2014

 

Caro Paolo,

oggi sono partiti i due giovani preti che vivono con me, Emanuele e Donato. Starò qui tutto solo per tre settimane. La parrocchia, del resto, non chiude per ferie, quindi non sono proprio solo. L’università è finita e ci godiamo le vacanze del capodanno cinese. L’anno del serpente cede il passo al cavallo.

Siamo molto felici che in luglio verrai a trovarci a Taiwan, è proprio una grande grazia.

Tutti i giorni io prego per te, per la Fraternità tutta, per le Missionarie, per le nostre vocazioni. Spero che tu senta questo sostegno.

Ti ringrazio molto delle preghiere e del ricordo per la morte di mia nonna. Era una santa donna e sono lieto e sereno per lei, che spero già nella gioia del Paradiso. La morte, certamente, non ci lascia mai indifferenti. Qualche mese fa mi è capitato di assistere una parrocchiana proprio nel momento in cui è spirata. Era una donna giovane, sulla cinquantina, ammalata di tumore ai polmoni. La sua condizione era precipitata nel giro di una settimana. Era ricoverata in ospedale nel reparto di cure antidolore (quello da cui sai che non uscirai vivo).

Ricordo che ero andato a trovarla per amministrarle i sacramenti. Era molto provata e respirava a fatica, a causa del tumore, ma era serena, parlava della morte, del funerale e dei canti che avrebbe voluto. Tutti argomenti che i taiwanesi non toccano mai perché secondo loro “porta male” parlare della morte. Lei invece preparava tutto come se si trattasse del suo matrimonio. Era sposata e il marito, anch’egli molto sereno, era presente mentre diceva tutto ciò. Continuava a ripetere che voleva essere come una sposa che va incontro al suo sposo Gesù.

Dopo due giorni siamo tornati da lei perché era già in agonia e mancava poco alla fine. Attorno a lei, tutti i fratelli, il marito e la madre ultranovantenne. I figli erano ancora in aereo per tornare dall’America. Non si aspettavano che sarebbe successo così presto. Ho iniziato a recitare le preghiere per i morti, le ho dato l’assoluzione dai peccati, l’unzione degli infermi e poi ho iniziato a leggere le litanie, «santa Maria, prega per lei», «san Giuseppe…» e via tutti i santi. Ogni tanto alzavo lo sguardo dal libretto per vedere se respirava ancora. Ad un tratto l’ho proprio vista spirare. Ha sollevato il petto più del solito, ha incurvato la testa indietro e poi ha emesso l’ultimo respiro. Dopo l’ultimo non ce ne sono altri. È proprio l’ultimo. Le macchine cui era attaccata hanno smesso di segnalare il battito del cuore, ma non hanno fatto rumori strani. Nessuno degli infermieri è accorso per cercare di rianimarla perché non era quello il motivo per cui lei era lì. Il suo corpo ormai era morto. La sua anima, però, era pronta. Mi ha fatto riflettere che sia spirata proprio durante le litanie dei Santi. Come se tutti quei nostri amici, patroni, benefattori, protettori, fossero scesi in quella stanza d’ospedale per accompagnare la loro nuova compagna a incontrare lo Sposo.

Che bella morte! Accompagnata dai parenti e dai sacramenti, dalla mamma e dal marito, dalle sorelle e dal prete.

Ti saluto, Paolo
Nella foto, momento di festa con alcuni parrocchiani a XinZhunag (Taipei, Taiwan).

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