Quest’anno ho iniziato a fare caritativa nella nostra parrocchia alla Magliana insieme a Giovanni, seminarista del quinto anno. Il sabato pomeriggio incontriamo il gruppo dei ragazzi delle medie della Compagnia di san Paolo, insieme al gruppetto di responsabili guidati da don Dino.
Cominciamo con un momento di preghiera, poi c’è lo spazio per qualche canto divertente prima del gioco e della merenda. A seguire, don Dino tiene una breve lezione, di solito sulla vita di un santo. Nel riprendere la lezione, divisi a gruppetti, i ragazzi si confrontano anche con domande che riguardano la loro esperienza personale e ci lasciano interventi scritti. Di nuovo riuniti, recitiamo una decina del rosario secondo le intenzioni espresse da ognuno, e insieme partecipiamo alla messa. Prima di iniziare le attività, don Dino propone ai responsabili un momento in cui affidiamo a Dio il nostro lavoro, leggiamo insieme il testo Il senso della caritativa, e ci confrontiamo su come noi e i ragazzi stiamo vivendo questo gesto. È anche l’occasione per condividere interventi significativi scritti durante la ripresa a gruppetti.
Quando ho saputo che avremmo dedicato un’intera ora a questo momento, ho pensato che fosse esagerato. A distanza di qualche mese, mi sembra quasi poco, per quanto lo ritengo significativo. Un giorno è successo che, durante quell’ora che mi sembrava così lunga, ho letto l’intervento di una ragazza che parlava di una difficoltà che viveva rispetto al suo passato e ho chiesto consiglio su come aiutarla. Mi ha colpito il tempo che abbiamo passato parlando di lei, cercando di stare di fronte al suo disagio e alla ricchezza della sua persona, ognuno guardando ai momenti trascorsi insieme, ai suoi amici, al rapporto con i suoi genitori. Forte della sua esperienza con i ragazzi, don Dino ci ha spiegato a che cosa fare attenzione nello stare con lei e con i suoi amici, cosa correggere e cosa incoraggiare. Ho riconosciuto in quel momento di essere di fronte a un modo per me nuovo di amare, a uno sguardo più ampio del mio, a cui desidero aprirmi. Credo che in quell’ora Dio abbia condiviso con noi il suo sguardo d’amore per quella ragazza. Ho rivisto in quell’occasione lo sguardo rivolto a me in seminario, nei colloqui personali. Uno sguardo aperto a tutta la mia persona, senza trascurare limiti e doni, riconoscendo sempre il mistero del mio essere voluto da Dio. Penso che le persone del Vangelo su cui Gesù “fissò lo sguardo” si siano sentite guardare allo stesso modo. Sono grato che Gesù abbia fissato lo sguardo anche su di me e su quella ragazza e desidero continuare a immergermi in esso per poter amare come Lui.
Nella foto, alcuni ragazzi della Compagnia di San Paolo, nella parrocchia romana di Santa Maria del Rosario.