Quando la Fraternità san Carlo è arrivata a Bologna, nel 2006 su richiesta dell’arcivescovo Carlo Caffarra, pochi han pensato a un rilevante precedente storico: lo stesso patrono della Fraternità, san Carlo Borromeo, presente nel ‘500 a Bologna come cardinal legato, è stato il fondatore dell’Archiginnasio, la prima vera sede dell’Università. Forse non è un caso, quindi, che tra i compiti della missione della Fraternità nel capoluogo emiliano ci sia stata fin da subito la presenza in università, nella laicissima Alma Mater Studiorum, e nel mondo della scuola. Presenza che prosegue oggi con don Stefano Lavelli, cappellano universitario e don Luca De Chiara, insegnante di religione e storia dell’arte presso il liceo Malpighi.
Oltre a scuola e università ai sacerdoti della Fraternità è stata affidata la cura pastorale della parrocchia di Sant’Isaia, guidata dal “decano” don Peppino Manzini. In un centro città con meno residenti e popolato sempre più da bed and breakfast, studenti, turisti e bisognosi d’ogni etnia e religione, non mancano i problemi sociali e sono sempre più gli anziani terribilmente soli. Nonostante sia difficile da raggiungere in centro questa Chiesa, oggi i bambini a catechismo sono a quota 60. In una città che non fa figli è una notizia. E casomai son proprio questi piccoli, entusiasti del catechismo – altra vicenda inusuale – a coinvolgere altri bambini, talvolta provenienti da famiglie non praticanti o non credenti.
Quanto a frontiere umane, ne sa qualcosa don Martino de Carli, da due anni cappellano al Sant’Orsola, uno degli ospedali più grandi d’Europa. Accade spesso, di notte o di giorno che il telefono di don Martino squilli per la richiesta di un ultimo sacramento o semplicemente per dare conforto a qualche ammalato grave. È una scuola di totale essenzialità, per lui che arriva da decenni di missione in sud America. Quando don Martino ha iniziato a celebrare la messa in ospedale c’erano solo lui e una suora. Oggi la messa è frequentata da malati e operatori sanitari. Si ritrova poi mensilmente a dialogare con un gruppo di medici: anche loro, esposti ai drammi della malattia e della sofferenza, hanno bisogno di un luogo di confronto e di conforto.
A volte basta poco perché si riaccenda qualcosa… Ma quel poco ci vuole!
Dal 4 ottobre 2024 è stata affidata alla San Carlo anche la Parrocchia di Santa Maria della Misericordia, una chiesa storica appena fuori porta Castiglione, amministrata oggi da don Paolo Paganini.
“Non c’è una sola Bologna, ce ne sono tante”, osserva don Stefano. Quando arrivò con le valigie a Bologna dopo sette anni passati a Torino, la prima persona che gli diede il benvenuto in via del Pratello fu un senzatetto che lo accolse con un semplice e caloroso: “Benarrivato, padre!” senza chiedergli neanche una monetina, esprimendo così per primo l’accoglienza della città. Le benedizioni pasquali porta a porta sono state una grande occasione d’incontro con la popolazione di questa parrocchia adagiata sui primi ricchi colli bolognesi. Racconta don Stefano: “Questa primavera io e don Paolo abbiamo suonato i campanelli di tutte le case del quartiere. Tra le varie persone incontrate, mi è rimasta impressa una persona che, alla mia proposta di benedirgli casa, mi ha risposto: «Mi spiace, sono agnostico». La mia reazione istintiva è stata quella di allungare la mano destra e dirgli semplicemente: «Ah… piacere io sono Stefano». Sarà stato un caso, ma anche “l’agnostico” si chiamava come me! È bastato questa coincidenza per farmi entrare, dopo qualche istante di imbarazzo, in casa sua. Abbiamo avuto un bel dialogo e dopo un mezz’oretta in cui mi ha raccontato della sua vita, Stefano “l’agnostico” mi ha salutato chiedendomi solo una cosa: «e la benedizione?». A volte basta poco perché si riaccenda qualcosa di nuovo nell’anima… Ma quel poco ci vuole! Come suonare un campanello. Come una mano tesa. Come uno che ti viene cercare e l’altro che ti apre la porta del cuore a casa, a scuola, in università o in ospedale. Il resto lo fa tutto Dio. Ecco, in fondo siamo a Bologna per questo”.