Nella routine, la fedeltà di Dio

L’esperienza della fedeltà nel quotidiano: uno sguardo nuovo sul nostro “tempo ordinario”.

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Festa alla Magliana (Roma) per il quarantennale della Fraternità san Carlo e il ventennale delle Missionarie di san Carlo.

Nella liturgia romana, il verde è il colore del “tempo ordinario”. Un tempo in cui l’incedere dei giorni appare a volte del tutto “normale”. La maggior parte del tempo liturgico è segnato da questo colore: il colore di ciò che è consueto, potremmo anche dire ripetitivo, come il verde di un prato a cui manchino i fiori.

La chiamiamo routine e abbiamo il timore di vivere un’aridità colpevole

Anche la nostra vita è così. È vero, ci sono giornate speciali in cui all’improvviso tutto brilla e alcuni avvenimenti eccezionali ci travolgono. Allora il nostro cuore risuona in modo particolare: si sente interpellato, voluto. Ma questi momenti speciali sono normalmente avvolti da periodi, spesso anche lunghi, in cui ci sembra che nella nostra vita nulla accada di interessante. Tutto pare ripetersi uguale, come nel girare di una ruota. La chiamiamo routine. E abbiamo il timore di vivere un’aridità colpevole. Come se la mancanza di eventi eccezionali fosse segno di una nostra imperfezione, morale o spirituale.

Perché Dio ha creato il tempo in questo modo? Perché la Chiesa lo celebra dedicando a esso addirittura trentaquattro settimane su cinquantadue? Che cosa ci vuole insegnare?

Gli eventi eccezionali ci ricordano che Dio è un avvenimento continuo, una novità che ci sorprende senza sosta. Quando Gesù appare ai discepoli dopo la resurrezione, essi non lo riconoscono immediatamente: ogni volta ripetono l’esperienza del primo incontro e arde il loro cuore, ogni volta come la prima. È il manifestarsi della gloria di Dio, del suo splendore abbagliante che, con una sola scintilla, vince le tenebre opache del male. Di quei momenti ricordiamo il giorno e l’ora.

Il tempo ordinario ha invece un altro significato e ci parla di un aspetto diverso della natura di Dio. Il ripetersi dei giorni, dei nostri compiti, della routine: forse non c’è nulla che descriva in modo più pacato l’eterna fedeltà di Dio. È questo l’aspetto della sua natura da cui siamo totalmente abbracciati. «Tu sei un Dio fedele per l’eternità»: ero ancora un liceale quando don Giorgio Pontiggia ci fece ascoltare questo versetto cantato dal coro; e ci invitò poi a cercare una certezza più vera e radicale di questa. Da allora, ci penso spesso e non sono mai riuscito a trovare una affermazione più decisiva. La fedeltà di Dio è ciò che ci abbraccia sin dalla nascita. Una madre infatti accoglie il proprio figlio dedicandosi a lui totalmente. Per i primi mesi, non fa altro che accudirlo, sorreggerlo e guardarlo. La sua vita sembra totalmente assorbita dalla nuova creatura che è venuta al mondo.

Il ripetersi dei giorni: nulla descrive in modo più pacato l’eterna fedeltà di Dio

Potrebbe anche sembrarle di essersi persa in piccole cose nascoste e di poco valore. Ma questa è l’esperienza più grande che ci ha accompagnato sin dall’inizio: ogni bambino, nei primi mesi di vita, non sa ancora gioire e nemmeno rallegrarsi. Ma fa esperienza della fedeltà di suo padre e di sua madre che, nel ripetersi sempre uguale dei giorni, gli permette di crescere. È indispensabile per lui. Perché è la prima esperienza di un’altra fedeltà, eterna. È l’esperienza che conterrà tutte le altre.

In ottobre, le giornate si ripetono spesso uguali le une alle altre. Anche a novembre sarà così. È il tempo ordinario, che avvolge tutto e dal quale ci possiamo lasciare avvolgere, come dalla fedeltà di Dio.

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