Senzatetto, tossicodipendenti, prostitute, indigeni… in effetti, qualcosa di impensabile. Siamo arrivati intorno alle 20:00, una sera fresca, insolita ad Asunción.
Veniamo spesso qui in caritativa al terminal degli autobus. Prepariamo i pacchi di alimenti in parrocchia e poi portiamo la cena a chi vive per strada. Qui si incontra realmente il volto del bisogno. Iniziamo sempre andando a cercare le persone che conosciamo. Ormai, infatti, sappiamo dove sono soliti trovare rifugio: un angolo un po’ più protetto, una piazzetta, dentro il terminal, un boschetto abbandonato… E quando finalmente troviamo i nostri vari amici, li invitiamo a cenare con noi.
Questa serata però è stata diversa. Non portiamo cibo, portiamo una Croce. Facciamo la Via Crucis. Decidiamo di percorrere lo stesso tragitto che facciamo quando li invitiamo a soddisfare la fame. Questa volta però portiamo un altro tipo di alimento, uno sguardo a un altro tipo di bisogno.
Entriamo nell’oscurità di uno dei luoghi dove si rifugiano e vediamo subito i più giovani, già sotto l’effetto di qualche sostanza, venirci incontro. Sono ancora in grado di riconoscerci, così si aggiungono alla prima stazione: «Cristo è giudicato». Tra loro iniziano a chiamarsi: “È Gesù! Venite”, si dicono l’un l’altro.
L’unica luce è quella che uso per leggere il Vangelo. Nell’oscurità intravedo le lacrime di tanti, la commozione dei “nostri” e dei “loro”. Penso subito che la presenza di Gesù davvero ci commuove e ci porta a essere una cosa sola tra noi. Erano lacrime di unità. I bisogni, di fronte alla Croce, si equiparano. “Siamo uguali a quelli che hanno le auto”, mi ha detto una volta un senzatetto.
Proseguiamo. Il numero di coloro che seguono la Croce intanto è aumentato. Sì, sono quasi tutti tossicodipendenti e stanno seguendo in silenzio i passi della sofferenza di Cristo. Penso che nessuno conosca meglio di loro quel cammino.
Seguono in silenzio i passi della sofferenza di Cristo. Penso che nessuno conosca meglio di loro quel cammino.
Preghiamo un’altra stazione di fronte a un muro che separa la città da un grande terreno pieno di spazzatura e vegetazione. Lì “abitano” altri senzatetto. Sono quelli che sopravvivono raccogliendo lattine da riciclare. Mi affaccio oltre il muro e scopro che alcuni si sono avvicinati ad ascoltare il Vangelo. Il lebbrosario di oggi, le persone che nessuno vede, sono lì con noi ad ascoltare le parole di Gesù. Uno di loro salta il muro e ci segue: “Qui è pericoloso, vi accompagnerò io”, dice.
Seguiamo il nostro itinerario e arriviamo in un piccolo quartiere fatiscente. Ogni volta che passiamo, troviamo lì un gruppo di uomini sfaccendati che bevono birra e che ci invitano sempre a far loro un po’ di compagnia. Questa volta, vedono arrivare la Croce e rapidamente si alzano in piedi. Uno di loro accende una candela dentro una piccola “grotta”. Quando chiedo loro a quale santo o Vergine sia destinata quella strana edicola, mi dicono: “L’abbiamo fatta un paio di anni fa, quando abbiamo trovato qui per strada una donna indigena senza vita”. Quegli uomini sono contenti che il Signore sia finalmente venuto a visitare quel settore, segnato da drammi così misteriosi e ingiusti.
La stazione successiva è dentro il terminal degli autobus. Il numero delle persone è triplicato. I senzatetto salutano le persone che stanno aspettando l’autobus. “Buonasera – dicono – siamo qui con Gesù, venite anche voi a pregare”. Così, per quella tappa, si aggiungono a noi anche le persone che lavorano nel terminal e perfino gli indigeni che lì vendono le loro mercanzie. Finita la stazione, i nostri amici di strada, invitano gentilmente tutti a seguirci. Andiamo avanti così fino alla deposizione di Cristo nel sepolcro.
È stata una notte unica. Che Cristo abbia bisogno degli uomini, pensavo, non è uno slogan. Cristo arriva al mondo lì dove la Chiesa, cioè noi battezzati, abbiamo il coraggio e la forza di attraversare il manto delle tenebre rompendo la paura di ciò che è “altro”. In mezzo a una società narcisista – e quindi ingiusta – guardare gli altri è un grande gesto di speranza. E guardare gli altri non significa semplicemente portare cibo. La vera gratuità nasce dall’appartenere a un popolo, grazie al quale andiamo in luoghi pieni di bisogno, dove da soli non riusciremmo nemmeno mettere piede.
Di solito, dopo la caritativa vado con gli amici a mangiare qualcosa insieme. Questa notte, invece, sono tornato a casa accompagnato da tutto quello che avevo vissuto. Ho pensato che la mia casa potrebbe essere anche la strada o il terminal degli autobus, fa lo stesso, finché sperimento che Cristo c’è e che – essendoci – mi fa vedere la sua Misericordia.