Da fine settembre allo scorso aprile, per più giorni ogni settimana, ho partecipato alla vita della casa romana della Comunità Cenacolo. La comunità è nata a Saluzzo nel 1983 da un’intuizione di suor Elvira Petrozzi, è una realtà ormai internazionale che accoglie giovani affetti da diverse dipendenze.
La Cenacolo non è semplicemente un luogo di recupero o assistenza sociale, ma si fonda su alcuni pilastri in cui sono felice di essere entrata. Le giornate sono scandite da preghiera, lavoro e tanta condivisione fraterna; quindi anch’io ho pregato, lavorato e condiviso con loro imparando qualcosa anche per la mia vita.
L’ultimo giorno che ho passato con loro un sacerdote mi ha chiesto: “Allora, cosa dici di questa esperienza alla Cenacolo?”. Gli ho risposto che mi aveva colpito il richiamo costante ai ragazzi affinché vivano nella verità, trasparenti davanti a sé, a Dio e agli altri. In comunità si cerca sempre una correzione reciproca netta e chiara, che vuole aiutare l’altro a guardarsi sempre più a fondo per crescere nella propria umanità. È una correzione che chiede di imparare a tacere e aprirsi all’ascolto, staccandosi dalle proprie suscettibilità, dai moti istintivi di difesa, come strada di libertà gli uni verso gli altri.
Soprattutto, ho detto, c’è una frase che mi sembra la sintesi di questi mesi. È una strofetta che in comunità si canta a tutti i compleanni: “È bello che tu esisti!” Per tanti giorni mi sono chiesta cosa spinge a iniziare un percorso in un luogo così. È una comunità particolare, dove la proposta è radicale, esigente, dove in ultimo è chiesto di abbandonarsi a Dio per essere uomini e donne rigenerati. Il giorno del mio compleanno le ragazze della Cenacolo hanno organizzato una piccola sorpresa per farmi gli auguri e, naturalmente, era prevista anche questa canzoncina. È stato lì che ho pensato: “La risposta è questa. In questo luogo c’è qualcuno che accogliendoti ti fa sentire che è bello che tu esisti. Lo sporco, i peccati, il male, non cancellano quello che sei agli occhi di Dio: Sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima e io ti amo (Is 43,4). Le persone che arrivano in questa comunità, nel cammino che non li esime da fatica, dolore, cadute e scelte sbagliate, scoprono e riscoprono ogni giorno questo sguardo buono su di loro. È questa scoperta di sapersi amati che fa rinascere la vita. Anche il giorno in cui sono partita, insieme a un dolce buonissimo e a un regalo pensato apposta per me, non poteva mancare la famosa strofetta: “È bello che tu esisti!”. Per me un saluto prezioso.