Il fiore della gioia nasce dalla terra della mendicanza

C’è uno strano legame tra la sofferenza e la gioia. Un legame tanto incomprensibile quanto sorprendente.

Un gruppo di parrocchiani di San Carlo alla Caʼ Granda (Milano) 
durante un pellegrinaggio al Cimitero Monumentale. Foto di Gianluca Castagna.
Un gruppo di parrocchiani di San Carlo alla Caʼ Granda (Milano) durante un pellegrinaggio al Cimitero Monumentale. Foto di Gianluca Castagna.

Questo numero di Fraternità e missione raccoglie diverse testimonianze legate tra loro dal fil rouge della prova e della sofferenza. In esse si nasconde un grande tesoro. Il 16 aprile era il compleanno di Benedetto XVI. Nonostante sia morto ormai un anno e mezzo fa, negli ultimi tempi la sua presenza ha varcato la soglia della nostra casa qui a Roma attraverso alcune persone che lo hanno conosciuto e frequentato molto da vicino. La parola pronunciata più volte nei loro racconti è stata “gioia”. “Benedetto XVI viveva e comunicava una gioia profonda, anche nella malattia e nella vecchiaia” racconta un testimone diretto.

C’è uno strano legame tra la sofferenza e la gioia. Un legame tanto incomprensibile quanto sorprendente. Incomprensibile perché le due esperienze sembrano essere le più distanti in assoluto, ma proprio per questo sorprendente per chi si trova a viverle. Chiara Corbella parlava di una “misteriosa letizia”.

È un’esperienza che non si può spiegare fino in fondo, anche perché si rischia di far arrabbiare chi non la vive, come si racconta nelle pagine che leggerete. È comprensibilissimo. Il dolore infatti istintivamente ci fa chiudere in noi stessi, ci può rendere scorbutici o addirittura violenti. Perché? Da dove nasce questa reazione?

Credo nasca da una profonda delusione. È come se tutta la promessa di bene che siamo, il desiderio di felicità e compimento che ci portiamo dentro si scontrasse con il fallimento. Il più grande fallimento della nostra vita. Come non essere arrabbiati?

Se grande è il mistero del dolore
e della sofferenza, più grande ancora
è quello della letizia

Anzi, vediamo che spesso abbiamo la stessa reazione per cose molto più piccole e quotidiane, ma la radice è la stessa.

C’è però una differenza. Quando la sofferenza, fisica o spirituale che sia, è grande, è più facile che accada il miracolo, quello della mendicanza. Quando siamo messi alle strette dalla vita, cadono tutte le maschere, si indebolisce l’orgoglio, si cerca ciò che è davvero essenziale. Come dice Chesterton: «Solo quando si naufraga veramente, si trova quello che si vuole davvero. Quando si naufraga su un’isola deserta, non ci si sente affatto in un deserto». È dalla terra di questa mendicanza che può spuntare inaspettato il fiore della gioia.

Anch’io l’ho sperimentata diverse volte nei momenti più duri di prova e di lutto. È come quel sole improvviso che traspare dietro le nubi. Non le scaccia via subito eppure tutto cambia: il calore, i colori, ma soprattutto la certezza che quelle nubi sono passeggere e che dietro di esse il sole non ha mai smesso di esistere.

Nell’unica preghiera che Cristo ci ha consegnato, la più importante, sintesi di tutte le nostre domande, chiediamo di essere liberati dal male. Spesso intendiamo questa domanda come l’essere guariti, invece ci è promesso molto di più. 

Quello che Cristo ci chiede di domandare, l’unica cosa che può renderci davvero liberi e quindi gioiosi anche in circostanze avverse, è riconoscere Colui che rende eterno ciò che amiamo. Tutto il Vangelo infatti non è un invito o un incoraggiamento a sconfiggere il male, ma a riconoscere il Messia. 

Nelle pagine che seguono, appare evidente come questa esperienza continui ad accadere attraverso coloro che Cristo invia nel mondo, attraverso ogni cristiano.

Se grande è il mistero del dolore e della sofferenza, più grande ancora è quello della letizia che tante persone ci testimoniano durante tali prove. È uno dei segni più grandi della vittoria di Cristo sulla morte, del fatto che Egli è davvero vivo e presente. È un’esperienza che ci fa intravedere il Cielo, come il sole tra le nubi. Quel Cielo in cui non c’è sofferenza né morte, e che, come diceva Benedetto XVI negli ultimi tempi, «è la vera Realtà, verso la quale tutti noi stiamo camminando».

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