Pasolini e il suo Gesù

Un libro che vuole far conoscere il Gesù di Pier Paolo Pasolini, un Cristo irriducibile a qualsiasi dottrina, filosofia o spiritualismo.

MOLTENI
Pier Paolo Pasolini, a destra, sul set de Il Vangelo secondo Matteo (1964)

Io sono come tu mi hai fatto, Cristo:
canto e pianto sono una sola cosa in te.
Sulla tua croce inchiodami, Cristo;
io sono senza rimedio tuo.

(…) Pasolini ha parlato del suo Gesù irriducibile in tutto quello che ha detto, scritto e filmato. L’unico tema interessante era quello della lotta fra un mondo che razionalizzava tutto, quello della «logica piatta o della razionalità di tipo borghese», e un mondo che cercava di «allargare la nozione di razionalità», cioè di includere in essa, nell’uso ragionevole della ragione e del pensiero, la possibilità che accadesse qualcosa di non atteso né dedotto, Qualcuno di imprevisto, come il suo Cristo irriducibile.

(…) Quando [Gesù] era entrato nel mondo non si era imposto ai primi discepoli, ma «senza alzare la voce, dice con la più fraterna semplicità: Venite con me». A chi era ostile, come quello scriba che lo aveva accusato di bestemmiare perché aveva perdonato i peccati a un paralitico, non aveva voluto imporsi, non aveva voluto convincerlo, anzi «gli parla senza ombra di odio, di rancore, di severità nel suo rimprovero». In un’altra occasione, Gesù aveva guardato con «affettuoso interesse» un giovane ricco, anche se poi questi se ne era andato via, triste.

Il suo Gesù era stato contento di farsi uomo, di essere uomo.

(…) [A Pasolini] interessava l’umanità di Gesù, del suo Gesù. Da sempre aveva una necessità, portava dentro un grido senza pace, una supplica, una invocazione, vedere l’umanità di Gesù in qualcuno, nella faccia e nel corpo di qualcuno.

«Io sono pieno di una domanda a cui non so rispondere (…) È impossibile dire che razza di urlo sia il mio: è vero che è terribile, tanto da sfigurarmi i lineamenti rendendoli simili alle fauci di una bestia, ma è anche, in qualche modo gioioso, tanto da ridurmi come un bambino. (…) È un urlo che vuole far sapere, in questo luogo disabitato, che io esisto, oppure, che non soltanto esisto, ma che so. È un urlo in cui in fondo all’ansia si sente qualche vile accento di speranza: oppure un urlo di certezza assolutamente assurda dentro cui risuona, pura, la disperazione. Ad ogni modo questo è certo: che qualunque cosa questo mio urlo voglia significare, esso è destinato a durare oltre ogni possibile fine.

Che cosa cercava, che cosa chiedevano questo grido e questa supplica? Certamente, non era un grido religioso rivolto a un Dio lontano, Misterioso, Infinito. (…)

Qui, tra questi prati
 e case, dove invano legarmi
cerco con l’altrui vite,
avere fratelli in Cristo
.

Era grido e supplica di incontrare qualcuno, un uomo-fratello che fosse fatto del sangue e dell’amore del suo stesso fratello, di Guido, così uguale a Gesù («Il tuo martirio, il tuo amore, il tuo sangue, oh Cristo»). Se martirio vuol dire testimonianza, in lui c’era lo struggente desiderio di qualcuno, di un uomo-fratello che fosse martire-testimone del suo Cristo.

Sarebbe bastato così poco, un incontro buono, benefico e tutto sarebbe diverso: «E forse sarebbe bastata una sola piccola diversa esperienza nella sua vita, un solo semplice incontro, perché il suo destino fosse diverso». Sarebbe bastata la Grazia («la Grazia, cioè la possibilità di concepire l’Altro, Dio»), la Grazia di un incontro con un amico che proveniva dal suo Gesù. La Grazia di riconoscere l’Altro, di concepire che in qualcuno, in un altro, c’era il suo Gesù.

Cover pasolini

Il mio Cristo irriducibile. Pasolini e il suo Gesù.

Agostino Molteni
Al Segno Editrice, 2025

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