«Vediamo questo avvenimento»

In attesa del Natale, una meditazione sull’avvenimento che ha cambiato la vita di un piccolo gruppo di pastori (e la nostra).

Camisasca
El Greco, Adorazione dei pastori (1612-1614), Museo del Prado, Madrid.

Vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere (Lc 2,15). Così l’evangelista Luca riporta le parole dei pastori che concertano tra loro il da farsi, dopo aver sentito cantare le voci degli angeli e dopo aver visto una grande luce in mezzo alla notte dalla quale erano avvolti. Stupisce, sulle labbra di uomini illetterati, un’espressione tanto chiara. Essa riesce a descrivere non solo ciò che accadde ai pastori allora, ma anche il motivo del nostro festeggiare il Natale: siamo qui, noi come loro, per un fatto accaduto. Siamo qui per un avvenimento. Non ci troviamo di fronte a una fiaba inventata a scopo didattico e neppure di fronte a un mito. Siamo di fronte a un fatto accaduto. Gesù è realmente venuto al mondo, a Betlemme, un paesino piccolo e insignificante nel quale però era nato il re Davide.

A prima vista, quella di Gesù può sembrare una delle tante nascite che avvengono ogni giorno. In un certo senso essa lo è realmente: Gesù nasce come tutti gli uomini della terra, perché Egli è veramente un uomo, come noi. L’espressione dei pastori, però, nasconde in sé una rivelazione più profonda. I pastori, infatti, per essere esatti, dicono: Vediamo questa parola che il Signore ci ha fatto conoscere. Il termine greco è rema, tradotto da san Gerolamo con verbum: la nascita di Gesù è dunque un avvenimento che porta con sé una parola, una notizia, un annuncio. L’angelo aveva detto: Ecco, vi annuncio una grande gioia (Lc 2,10).

Nessuno di noi può trovare da se stesso la verità della propria vita. Abbiamo bisogno di qualcuno che l’abbia incontrata e ce la racconti. Abbiamo bisogno cioè di ricevere un vangelo, una notizia carica di interesse. Allora possiamo iniziare il lavoro più appassionante dell’esistenza, che è la verifica di quanto ci è stato trasmesso.

Seguendo un segno si giunge
a un’esperienza più profonda

Il vangelo di Luca, relativamente ai pastori, riferisce appunto questo percorso. Essi all’inizio sono timorosi. Non temete, dice però l’angelo, che subito aggiunge: Vi annunzio una grande gioia (Lc 2,10). Tra l’altro, ed è un particolare rilevante, l’annuncio ricevuto dai pastori è per tutto il popolo, perché il metodo di Dio consiste sempre nello scegliere alcuni per raggiungere tutti. E la gioia è questa: Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un salvatore (Lc 2,11). Ai pastori, l’angelo dice anche che il fatto accaduto, la nascita del salvatore, è per loro.

Cosa avranno capito i pastori? Cosa avranno potuto trattenere quegli uomini semplici, abituati ai lunghi silenzi delle fredde notti del deserto? Un presentimento, una percezione confusa ma piena di attrattiva spinge i pastori a mettersi in cammino. Davvero il loro itinerario delinea anche il nostro.

L’angelo aveva parlato loro anche di un segno: Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia (Lc 2,12). Non è un particolare da poco. Esso ci mostra come Dio, invisibile e immenso, si è reso visibile, alla nostra portata. La sua grandezza sconfinata ci viene incontro in una realtà circoscritta, con la quale possiamo fisicamente metterci in rapporto. Dio, cioè, accetta di farsi conoscere secondo le nostre capacità, si adegua ai limiti alla nostra umanità.

San Luca non era digiuno di storia né di filosofia. Egli sapeva che aderendo a un segno, seguendolo, si giunge a un’esperienza più profonda. Il segno è una realtà visibile che introduce a un mistero invisibile. Ecco perché il cammino dei pastori è anche il cammino nostro e di ogni cristiano: siamo chiamati a seguire i segni visibili e temporali per fare esperienza delle realtà invisibili ed eterne, che danno senso al nostro vivere quotidiano.

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