Risvegliare le domande

Educare oggi significa anche insegnare ai ragazzi ad esprimere ciò che hanno dentro, le loro domande, i loro sentimenti.

Una veduta su Carenc (Grenoble, Francia)

Questo è il secondo anno che insegno filosofia al liceo professionale di Corenc, poco fuori Grenoble: è davvero una piccola goccia gettata nel grande mare del percorso scolastico dei ragazzi, perché consiste in un’ora a settimana, esclusi i periodi di stage lavorativi e le vacanze. Ho tre classi dell’ultimo anno, conosco gli alunni a settembre e a giugno dopo l’esame di maturità li vedo partire verso i loro orientamenti professionali già ben definiti: commerciale, gestionale, sanitario.

Ho deciso però di cominciare dando tempo alle domande, all’atto stesso di porsi delle domande.

È affascinante poter toccare attraverso la filosofia alcuni temi che fanno parte delle materie che hanno nel percorso di studi: il lavoro, la responsabilità, la persona, la sofferenza, la morte. Ho deciso però di cominciare dando tempo alle domande, all’atto stesso di porsi delle domande. Ho chiesto loro di scrivermi su un foglio le questioni più importanti che hanno e mi sono ritrovata a leggere: “cosa c’è dopo la morte?”, “la vita è solo una messa in scena?”, “cos’è per te l’amore?”. Le ho raccolte e ho mostrato che la filosofia si interroga proprio su queste stesse domande, le domande ultime dell’uomo, e le riformula. La reazione è stata di sorpresa, come di qualcuno che scopre di essere anche lui, da sempre, un po’ filosofo! Se mi ha colpito vedere il loro spirito che si interroga, sono rimasta ancora più sorpresa da un altro esercizio che ho tentato in classe: ho dato loro una lunga lista di domande, su tanti temi e a vari livelli, come “perché lavoriamo?”, “si può perdonare tutto?”, “in nome di cosa dare la vita?”, “da dove viene la gioia?”, “possiamo cambiare il mondo?”. Ho chiesto loro di sceglierne una, la più vicina, la più personale, e di scrivermi un inizio di risposta. Li ho visti per la prima volta veramente impegnati, in silenzio, tutti presi soprattutto dallo scegliere la domanda. E allora ho pensato che si deve insegnare ai ragazzi di oggi a formulare le domande, a dar voce e mettere delle parole a sentimenti e moti che hanno dentro, perché non possiedono strumenti per leggere la vita e le loro stesse persone.
Tutto nella nostra società corre veloce e in superficie, c’è spazio solo per reazioni e non per interrogarsi sulle cose. Forse per questo un giorno Florian ha esclamato in classe: “Madame, ma la filosofia si fa domande su tutto! È stancante!”. L’ho guardato con simpatia, perché so che è una stanchezza buona, che se accettata lo farà crescere.

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