Via Crucis: vedere e riconoscere

Le stazioni della Via Crucis meditate da don Filippo Pellini, vicerettore della Casa di formazione.

Basaldella m. e a. crocifissione (1947) full
Mirko e afro Basaldella, Crocifissione, 1947

Iniziamo il gesto della Via Crucis. Lo faremo in un clima di silenzio e raccoglimento, così come la Chiesa e il Movimento ci hanno insegnato. Eppure, il Venerdì Santo è stato tutto tranne che un giorno di silenzio e raccoglimento. Sono state piuttosto ore di caos e agitazione: l’arresto, l’orecchio di Malco, la disputa nel Sinedrio, gli schiaffi, gli sputi, il processo, le folle che gridano, le folle che insultano, le folle che si accalcano dietro ai condannati, le beffe e i giochi dei soldati, le grida di dolore, il lamento delle donne, le bestemmie del ladrone, il sangue, l’eclisse, il terremoto, l’urlo finale di Gesù… quel venerdì fu un rumore continuo. 
Solo due persone hanno seguito Cristo in silenzio, ed è dai loro occhi che la Chiesa ha imparato a guardare e contemplare la Croce. È nello sguardo di Maria e di Giovanni che oggi vogliamo provare a immedesimarci. È lo sguardo che ci permette di cogliere la verità oltre al rumore, la realtà oltre l’apparenza.


I Stazione

Gesù è condannato a morte

V. Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo.
R. Perché con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.


[Gli empi] dicono fra loro sragionando: «Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta. Proclama di possedere la conoscenza di Dio e chiama se stesso figlio del Signore. È diventato per noi una condanna dei nostri pensieri; ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita non è come quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade. Siamo stati considerati da lui moneta falsa, e si tiene lontano dalle nostre vie come da cose impure. Proclama beata la sorte finale dei giusti e si vanta di avere Dio per padre. Vediamo se le sue parole sono vere, consideriamo ciò che gli accadrà alla fine. Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà». 

(Sap 2,12-20)


Ecco Gesù a processo, ingiustamente giudicato e condannato. Questo brano del Libro della Sapienza ci porta dentro al cuore dei farisei, dei dottori della Legge e dei capi del popolo, di tutti coloro che si sono alleati per cospirare contro Cristo ed eliminarne la presenza. Questo brano ci mostra chi è il giudice e chi sono i condannati. Le cose, infatti, non sono come appaiono. Tutti costoro condannano Cristo nel futile tentativo di non essere giudicati dalla sua santità. Lo dichiarano colpevole per non dover ammettere chi realmente Egli sia. Lo fanno fuori per non farlo entrare nelle vite e sconvolgerle, per non essere obbligati a convertirsi. Escludere Cristo per non doverci convertire è una tentazione costante anche per noi.

Vediamo un condannato, ma in lui riconosciamo il nostro giudice: sia il suo amore a giudicare il nostro male, sia la sua morte a giudicare la nostra vita.


Preghiamo.
O Padre, fa’ di noi un sacrificio perenne a Te gradito. La fede che libera ci renda docili al tuo disegno, sperando contro ogni speranza nel Cristo che ha vinto la morte. Egli vive e regna con te nei secoli dei secoli.


II Stazione

Gesù è caricato della Croce

V. Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo.
R. Perché con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

(Mc 15,16-20)

Dopo i giudei, ecco i romani. Gli scherni dei soldati suscitano in noi una tristezza quasi tragica. Se i giudei rifiutano cristo è proprio perché capiscono che è, o almeno chi pretende di essere. Il soldati invece hanno la salvezza nelle loro mani – letteralmente – e non se ne rendono conto, se ne fanno beffe. Vedere la salvezza sprecata, prima ancora che rifiutata, passare inavvertita per una colpevole distrazione, è uno dei dolori più acuti che possiamo provare. Lo abbiamo sperimentato tutti nel nostro impegno missionario. Il peso della croce che Cristo si carica è fatto anche del dolore per la salvezza offerta e nemmeno riconosciuta, perciò disprezzata e sbeffeggiata. Di fronte alle beffe del mondo, anche noi siamo chiamati a farci carico di questo peso e a portarlo, insieme con Cristo, per amore delle stesse persone che ci deridono.

Vediamo un uomo disprezzato e risibile, ma in lui riconosciamo il Salvatore.

Preghiamo.
O Dio onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa’ che abbiamo sempre presente l’insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione. Egli vive e regna con te nei secoli dei secoli.


III Stazione

Gesù cade la prima volta

V. Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo.
R. Perché con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

Ma essi godono della mia caduta, si radunano, si radunano contro di me per colpirmi di sorpresa. Mi dilaniano di continuo, mi mettono alla prova, mi coprono di scherni; contro di me digrignano i loro denti.

(Sal 35,15-16)

In questi due versetti salmici è condensata tutta la Via Crucis: una città intera si raduna contro Cristo per colpirlo senza motivo e senza colpa. Gli aguzzini lo dilaniano, con il flagello e con i chiodi. Lo mettono alla prova, lo tentano chiedendo di mostrare la sua divinità, la sua regalità: «Facci un miracolo… Scendi se puoi… Salvati da te stesso…». Lo coprono di scherni, dal pretorio fin sotto alla Croce. Tutto il male dell’uomo, che digrigna i denti contro Dio, si concentra su Gesù. E di fronte a questo male, egli cade. Sembra ed è una cosa orribile, ma nasconde una buona notizia: Egli è veramente uomo. Non è un supereroe, non è un angelo, è un uomo che ha veramente sofferto con noi e per noi. È caduto con noi perché con lui potessimo rialzarci. Egli ha reso le nostre cadute e il nostro dolore occasioni di salvezza.

Preghiamo.
Signore Gesù Cristo, che hai accettato la debolezza per conquistare la nostra vita, apri i nostri cuori al tuo perdono, e custodisci in noi la fede, perché possiamo camminare verso la salvezza che ci attende. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.


IV Stazione

Gesù incontra Sua Madre

V. Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo.
R. Perché con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

(Lc 2, 34-35)

Ecco che si avvera la profezia di Simeone: Anche a te [Maria] una spada trafiggerà l’anima. Lungo le strade di Gerusalemme, figlio e madre si incontrano. Gli occhi dell’uno si fissano in quelli dell’altra. In quel lungo istante, in quello sguardo silenzioso, i due si sono scambiati tutto l’amore e tutto il dolore del mondo. Chi soffriva di più? La madre per il dolore del figlio? O il figlio per il dolore della madre? È impossibile dirlo. Eppure, né l’uno né l’altra hanno tentato di risparmiare il dolore al proprio amato. Hanno invece deciso di portarlo insieme, a pochi metri di distanza, Gesù sulla Croce e Maria ai suoi piedi. Era quello il posto del loro amore.

Preghiamo.
O Padre, tu hai voluto associare la Vergine Maria alla passione del tuo unico Figlio. Concedi a noi che partecipiamo alle sue sofferenze di giungere con lei alla gioia della resurrezione. Per Cristo nostro Signore.


V Stazione

Il Cireneo aiuta Gesù a portare la Croce

V. Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo.
R. Perché con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.
Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù.

(Lc 23, 26)

Il Maestro, non molto tempo prima, aveva detto: Chi non prende la sua croce e mi segue, non è degno di me. Ora Simone, che veniva dai campi e non c’entrava nulla con i fatti di quel giorno, non era chiamato a prendere la sua croce, ma quella di un altro, quella di Cristo stesso. «È un’ingiustizia», ci viene da dire. «Fosse stata almeno la sua croce… ma addirittura la croce di un altro…» Però, da quando Cristo ha intrapreso il suo cammino verso il Golgota, è lui ad aver preso su di sé la croce di tutti, così che tutte le croci sono la sua Croce e la Croce è tutte le croci. Ogni sofferenza che viviamo, prima ancora che ce ne rendiamo conto, è già sulle spalle di Cristo. Quando Simone prende la croce di Cristo, Cristo sta già portando quella di Simone. In questo scambio, Simone entra nell’amore di Dio e diventa degno di Lui.

Vediamo un uomo che ha bisogno di aiuto, ma in lui riconosciamo colui che porta i pesi di tutti.

Preghiamo.
Signore Gesù Cristo, che per la salvezza di tutti gli uomini hai steso le braccia sulla croce, accogli l’offerta delle nostre azioni e fa’ che tutta la nostra vita sia spesa solo per Te, che vivi e regni nei secoli dei secoli.


VI Stazione

La Veronica asciuga il volto di Gesù

V. Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo.
R. Perché con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

Il mio cuore ripete il tuo invito: «Cercate il mio volto!». Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo. Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.

(Sal 27, 8-9)

Dopo Maria e Simone, una terza persona si avvicina a Cristo. Non si avvicina per costrizione, come il Cireneo, ma per amore, come la Madonna. Era solo una ragazzetta, così innocua da suscitare l’indulgenza dei soldati, che la lasciano passare per asciugare il volto di Gesù. Chissà con quale stima e affetto Veronica guardava a quel grande uomo, capace di suscitare l’amore e l’odio di un’intera città. Chissà quella ragazzina come si sentiva voluta e protetta quando era in Sua compagnia. Ora, invece, quell’uomo è un derelitto, una maschera di sangue. Con il panno asciuga un volto orribile e deturpato dall’ingiustizia, dalla menzogna. Eppure forse Veronica già confusamente intuisce che sta asciugando i lineamenti stessi della Bellezza, i lineamenti stessi della Giustizia, i lineamenti stessi della Verità. Quella maschera di dolore è il volto dell’amore, ma servono occhi nuovi per vederlo.

Vediamo un uomo che viene consolato, ma in lui riconosciamo il Consolatore.

Preghiamo.
O Padre misericordioso, sostieni la nostra fedeltà, perché ci sia dato di contemplare la vera bellezza del volto di tuo Figlio, il signore nostro Gesù Cristo. Egli è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.


VII Stazione

Gesù cade la seconda volta

V. Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo.
R. Perché con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

Non mettiamo alla prova il Signore, come lo misero alla prova alcuni [dei nostri padri], e caddero vittime dei serpenti. Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere

(1Cor 10, 9-12)

Non basta la compassione della Veronica. Non basta che il Cireneo lo abbia sollevato dal peso della Croce. Non basta nemmeno la tacita compagnia di Maria. Gesù è mortalmente stanco e cade una seconda volta.
Le parole di san Paolo ci aiutano però a capire e vedere oltre quel corpo che giace ora steso nella polvere. È un uomo che, pur messo alla prova, non ha messo alla prova Dio, come noi siamo soliti fare. È un uomo che ha implorato e pregato, ma che non ha mormorato, come noi siamo soliti fare. Non solo non ha creduto di stare in piedi, ma ha voluto abbassarsi e rovinarsi fino a terra.

Vediamo un uomo caduto, ma in lui riconosciamo colui che ha superato per noi la prova che, diversamente, avremmo sempre fallito.

Preghiamo.
O Dio onnipotente, tu che ci hai amato per primo, mentre noi eravamo ancora peccatori, concedici la forza per sollevarci dal peccato e vivere sempre nella tua grazia. Per Cristo nostro Signore.


VIII Stazione

Gesù incontra le donne di Gerusalemme

V. Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo.
R. Perché con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?»

(Lc 23, 27-31)

Lungo la Via Crucis, da quando viene caricato della Croce a quando vi è inchiodato, Gesù non parla. Questa è l’unica occasione in cui prende la parola. È già caduto due volte, segno che gli rimangono ben poche energie. Eppure, ha la forza di pronunciare un ultimo insegnamento, un’ultima correzione. Lo fa con tono severo e deciso: «Non sono io da compatire, ma voi piuttosto». Cristo non si ripiega sul proprio dolore perché sa che il suo compito, la sua missione, il suo amore, la sua fecondità, passano per la sofferenza. La sofferenza che attraversa è la condizione per essere legno verde, cioè generatore di vita. La vera tragedia su cui piangere non è il dolore, ma non amare a sufficienza per essere capaci di soffrire.

Preghiamo.
Vieni in nostro aiuto, Signore, perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi. Egli vive e regna nei secoli dei secoli.


IX Stazione

Gesù cade la terza volta

V. Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo.
R. Perché con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.


Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. 

(Is 53, 4-6)

Manca poco alla cima del Golgota e Cristo cade ancora una volta, schiacciato per le nostre iniquità. Cristo cade tra colte, così come tra volte era caduto Pietro nel rinnegarlo. È come se ciascuna caduta fosse una riparazione:  il castigo che ci dà la salvezza si è abbattuto su di lui. Non su Pietro, non sui giudei, non sui romani non su di noi. Ogni nostra caduta, ogni nostro peccato, è già stato ripagato, è già stato espiato. Se Gesù non fosse caduto, e cadendo non avesse pagato, noi non avremmo avuto speranza di salvarci.

Di nuovo, vediamo un uomo a terra, ma in lui riconosciamo le porte del Cielo che si aprono.

Preghiamo.
O Padre misericordioso, volgi il tuo sguardo su questa famiglia segnata dal peccato e dalla prova, per la quale Cristo ha consegnato se stesso sulla croce. Egli vive e regna nei secoli dei secoli.


X Stazione

Gesù è spogliato delle vesti

V. Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo.
R. Perché con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

I soldati poi […] presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato –, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: “Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte”. E i soldati fecero così. 

(Gv 19, 23-24)

«Nudo sono uscito dal grembo di mia madre e nudo tornerò nel grembo della terra». Sono le parole di Giobbe, paradigma per eccellenza dell’uomo sofferente. Anche Cristo, prima di salire sulla croce dove troverà la morte, viene denudato. Si compie così simbolicamente la spogliazione di Dio stesso, cominciata fin dalla sua incarnazione. Paradossalmente, è nella spogliazione di Dio che l’uomo recupera la sua veste originaria: Cristo è nudo come lo era Adamo al momento della creazione. Spesso le prove e le croci che affrontiamo nel corso della nostra vita hanno questo stesso effetto: fanno male, sono umilianti, ma togliendoci tutto ci restituisco il nostro volto originario di figli e di creature.

Vediamo un uomo spogliato e umiliato, ma in lui riconosciamo l’umanità restaurata, il figlio ritrovato.

Preghiamo.
O Signore Gesù Cristo, che tutto hai consegnato per obbedire al Padre e per salvare l’uomo, rendi la nostra vita certa della Tua presenza, e capace di donarsi senza misura. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.


XI Stazione

Gesù inchiodato alla Croce

V. Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo.
R. Perché con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». […] Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

(Lc 23, 33-38)

Cristo è infine inchiodato e innalzato sulla Croce. Come predetto, tutti guardano a lui: il popolo sta a vedere, i capi e i soldati invece lo deridono. Per tutti loro siamo al momento della verità: «Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Se è davvero il re dei giudei, che salvi se stesso! Gli basterebbe un pensiero, una parola rivolta al Padre, per manifestare la sua gloria e ridurre insieme giudei e romani al silenzio, per umiliarli dando la prova che essi stessi ironicamente chiedono. Ma Cristo non lo fa. Sa che noi non possiamo scendere dalla nostra croce, che non possiamo staccare i chiodi dei nostri dolori, sa che non abbiamo nessuna gloria da manifestare, ma solo la nostra miseria. Cristo non è sceso dalla Croce perché ha voluto essere come noi. Come ogni vero amante, ha voluto condividere fino in fondo la condizione dell’amato.

Preghiamo.
O Padre onnipotente, nella tua infinita misericordia liberaci dalla schiavitù del male e accoglici nella tua gloria, per i meriti della passione di Cristo. Egli è Dio e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.


XII Stazione

Gesù muore in croce

V. Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo.
R. Perché con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò. 

(Lc 23,44-46)

A mezzogiorno nell’ora in cui dovrebbe esserci più luce, si fa buio. Nello stesso tempo, il velo del tempio si squarcia. Perfino l’ordine del cosmo e Dio stesso sono venuti meno. Cristo è rimasto definitivamente solo. E solo, dalla Croce, Gesù grida: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Un attimo prima di morire, agli occhi di tutti da tutto abbandonato, Cristo compie l’ultimo e supremo gesto di figliolanza rimettendo tutto nelle mani del Padre.

Il mondo vede un uomo solo, sconfitto, morente e abbandonato; Dio vede il supremo atto d’amore del Figlio, di colui che non si è allontanato dal Padre nemmeno un istante. Dio vede la suprema offerta e già si protende per accoglierla.

Preghiamo.
Signore nostro Gesù Cristo, che per amore del Padre e per amore nostro hai compiuto il disegno divino, donaci, per intercessione di Maria, di vivere e morire con te. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.


XIII Stazione

Gesù è deposto dalla Croce

V. Ti adoriamo cristo e ti benediciamo.
R. Perché con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodemo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di aloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. 

(Gv 19, 38-40)

Tutto ormai è compiuto. Il dolore, la sofferenza, il disordine, hanno raggiunto il loro apice con la morte di Gesù, e ora tutto scema: la gente torna a casa per preparare la festa, chi soddisfatto, chi battendosi il petto, chi confuso da tutto quanto è accaduto. L’eclissi è finita, il terremoto è passato. Anche le risate dei soldati si perdono in lontananza. Il Venerdì Santo si sta concludendo e sul Golgota torna il silenzio. È un silenzio carico, sospeso, come se qualcosa dovesse ancora accadere. In effetti, in Giuseppe e Nicodemo qualcosa di nuovo è già accaduto. Là dove avevano paura, adesso hanno coraggio. Là dove c’è colpa e dolore, adesso non hanno più timore di avvicinarsi. Là dove c’è il cadavere di Gesù, adesso portano gli unguenti, segno del loro affetto. Nel petto di Giuseppe e Nicodemo inizia già a prendere forma il cuore del cristiano, di colui che ama il corpo di Cristo al di là di ogni paura e di ogni scandalo.

Preghiamo.
Concedi a questa tua famiglia, o Padre, nata dal sacrificio della croce, di accogliere con fede i misteri della passione del tuo Figlio, per gustare la dolcezza della tua misericordia. Per Cristo nostro Signore.


XIV Stazione

Gesù è posto nel sepolcro

V. Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo.
R. Perché con la Tua Santa Croce hai redento il mondo.

Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù. 

(Gv 19,41-42)

Proprio sul colle dove Cristo viene crocefisso c’è un giardino, ed è lì che depongono il corpo di Cristo. Di nuovo l’uomo Gesù, all’apparente fine della sua parabola, si ritrova nella stessa condizione, o meglio nello stesso luogo, di Adamo quando cominciò ad esistere. Anche lui si trovava in un giardino. L’evangelista Giovanni, di cui abbiamo provato umilmente a imparare lo sguardo, in questo versetto anticipa la nuova creazione che verrà e svela la vera natura del luogo in cui ci troviamo, ciò che solo gli occhi della fede possono vedere: nel Golgota vediamo un luogo di morte e supplizio, ma in esso riconosciamo il giardino della vita; nella Croce vediamo uno strumento di condanna, ma in essa riconosciamo lo strumento della salvezza e del perdono, la via della nuova e definitiva creazione. Di questa anticipazione aspettiamo adesso il compimento.

Preghiamo.
O Dio onnipotente, che ci concedi di contemplare il mistero del Figlio tuo Unigenito disceso nelle viscere della terra, donaci, per intercessione di Maria, la certezza nella Sua Resurrezione e la speranza della vita eterna. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti secoli dei secoli.

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