In cammino verso Pietro

Il pellegrinaggio è anche un percorso interiore per tornare a ciò che è veramente essenziale: in cammino da Orvieto a Roma con un gruppo di giovani.

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I ragazzi della parrocchia di Bad Godesberg in cammino per la campagna italiana.

Mi sembra di non essere mai pronto ai passi che il Signore mi chiede di fare, alle fatiche da portare con pazienza o alle scadenze che incombono. Il pellegrinaggio è una scuola per crescere nella certezza della vicinanza di Dio e della sua fedeltà al disegno buono che ha preparato per la mia vita. Le vostre vie non sono le mie vie, si legge nel Libro di Isaia.

Ogni anno, durante le vacanze di autunno, organizziamo un pellegrinaggio per i ragazzi delle superiori della nostra parrocchia di Bad Godesberg, a Bonn. Prima di partire, Davide ed io prepariamo le tappe, contattiamo i posti per il pernottamento, cerchiamo un luogo dove celebrare la messa lungo il percorso. Al momento della partenza, nonostante tutto, sorgono i dubbi: riusciranno i ragazzi a camminare per 30 chilometri con 800 metri di dislivello? Arriveremo in tempo alla meta per preparare la cena? Chi va a fare la spesa? E se piove per tutta la settimana? La preghiera nei giorni prima del viaggio è che possa accadere qualcosa che tocchi il cuore dei ragazzi e converta di nuovo il nostro. 

Quest’anno abbiamo scelto un percorso di 160 chilometri in sette giorni. Ventisei pellegrini in totale, tra cui Rebecca, evangelica, e Fatima, musulmana. 

Atterriamo a Bologna, dove i ragazzi di Gioventù studentesca ci aspettano per mostrarci la città e per trascorrere la serata insieme con pizza e canti. I ragazzi italiani sono sorpresi di vedere coetanei pronti a spendere le loro vacanze per un lungo pellegrinaggio a piedi. D’altra parte, anche i tedeschi sono stupiti dall’accoglienza gratuita di persone mai viste prima.

Il nostro cammino inizia davanti al duomo di Orvieto. Zaino in spalla, la meta è la tomba di san Pietro a Roma. Tappa dopo tappa, riscopriamo la storia di un uomo combattuto tra dubbi e fede, ma coraggioso e soprattutto innamorato di Cristo.

I primi giorni del cammino sono sempre i più impegnativi: bisogna sfondare tutte le resistenze del cuore e del corpo. Basta la prima salita perché Fatima cominci a lamentarsi e a non volersi più muovere. Un passo alla volta, arriviamo in cima. Non fa forse lo stesso Dio con noi quando le fatiche di ogni giorno sembrano troppe?

Dio non fa lo stesso con noi quando le fatiche sembrano troppe?

Ma gli ostacoli più impegnativi sono quelli del cuore. Johanna è desiderosa come tutti di essere accolta e preferita, ma nei rapporti è molto istintiva e gli altri la lasciano in disparte. La situazione diventa insopportabile. Johanna chiede di tornare a casa. Davide allora parla e sfida ciascuno a prendersi la propria responsabilità. Senza perdono, dice, non si può andare avanti. Johanna decide di restare e gli altri mettono da parte i pregiudizi, si riavvicinano a lei. Non siamo chiamati anche noi a ricominciare sempre, con le persone che feriamo o che ci feriscono?

Una delle tappe è il monastero trappista di Vitorchiano. Suor Michela, che conosco dagli anni del liceo, ci racconta insieme a una consorella della loro vocazione. Nonostante la stanchezza, i ragazzi sono calamitati: come è possibile al giorno d’oggi incontrare giovani donne felici, chiuse tra le mura di un monastero? Sono libere semplicemente perché danno la vita a Cristo.

Dopo cena partecipiamo a Compieta che termina con il canto del Salve Regina al buio, con la sola immagine della Madonna illuminata. Alcune ragazze cominciano a piangere. Uscito dalla Chiesa, io fischietto la melodia che ho appena sentito. Rebecca mi ferma e in modo deciso mi chiede di smettere perché non riesce a trattenere le lacrime.

Mi rendo conto di avere già scritto molto ma sono solo al terzo giorno. Avrei ancora tante cose da raccontare. Non posso non condividere l’aspetto che personalmente più mi ha colpito del pellegrinaggio. Stando con gli altri, imparando a pregare, condividendo tutto, in particolare le piccole cose, il rapporto personale con Dio e tra noi si semplifica sempre di più, si fa più essenziale.

La vicenda di Pietro è diventata, passo dopo passo, la nostra. Così, arrivati alla tomba, ciascuno ha potuto ripetere con gioia e commozione: “Signore, tu sai tutto. Tu sai che ti voglio bene!”.

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