A dicembre sono partita dalla Casa di Formazione per trascorrere l’inverno nella nostra missione a Broomfield, in Colorado, dove le Missionarie sono presenti nella parrocchia Nativity of Our Lord insieme ai sacerdoti della Fraternità san Carlo. Ho avuto pertanto l’occasione di partecipare al New York Encounter, un weekend di mostre e incontri culturali organizzato a febbraio dalla comunità americana di Comunione e Liberazione. Ci sono andata con tutte le sorelle della casa di Broomfield e con un gruppetto di amici.
Abbiamo approfittato poi dei momenti liberi per visitare alcuni luoghi della città legati ai santi del Nord America come, per esempio, la santa italiana Francesca Cabrini a cui è dedicato un intero santuario.
Ci siamo accorte subito che vedere delle suore per le strade di Manhattan non è qualcosa a cui gli abitanti di New York sono abituati: agli osservatori attenti, quattro donne con un abito religioso provocano almeno un sobbalzo. Camminando verso la cattedrale per la messa quotidiana, ad esempio, siamo passate da Times Square. Ad un semaforo pedonale, ha attraversato la strada accanto a noi un uomo tutto vestito da Spiderman, con tanto di maschera, guanti e scarpe. All’inizio abbiamo sorriso guardandolo con curiosità, ma poi ci siamo rese conto che nessuno si curava particolarmente di lui. Spiderman non destava stupore, mentre – dalla reazione di chi ci incrociava sui marciapiedi – abbiamo dedotto che lo stesso non si poteva dire di noi. Alcuni si sono mostrati ostili, in altri ho potuto notare simpatia e anche sincera stima. Non raramente i passanti si sono avvicinati chiedendoci chi fossimo o da dove venissimo.
Al fondo di questi gesti di amicizia gratuita ho trovato una profonda nostalgia di Dio e di segni visibili che lo ricordino, che parlino di lui, che assicurino la sua compagnia.
Alcuni ci hanno affidato delle intenzioni di preghiera. C’è stato addirittura chi si è offerto di pagarci il pasto: mentre mangiavamo gli ultimi bocconi di una pizza, abbiamo visto alla cassa due uomini discutere in amicizia. Sul momento non ci abbiamo fatto troppo caso, ma poco dopo al saldo del conto, abbiamo scoperto dalla commessa che quei due uomini avevano pagato in anticipo per noi. Proprio il nostro conto era l’oggetto della contesa di poco prima. Non c’è stato il tempo di poter dire più di un semplice “grazie” perché, senza troppi complimenti, sono andati via continuando la loro giornata di lavoro. Un’altra persona ancora ci ha pregato di poterci offrire la colazione, commosso semplicemente dal fatto che quattro suore fossero lì, in un bar qualsiasi di Manhattan. Al fondo di questi gesti di amicizia gratuita ho trovato una profonda nostalgia di Dio e di segni visibili che lo ricordino, che parlino di lui, che assicurino la sua compagnia nelle giornate indaffarate.
Per tornare ai santi legati alla città di New York, mi è rimasta impressa la vista della casa di Elizabeth Seton, la prima santa nativa statunitense. Nell’estremo sud di Manhattan, circondata quasi con prepotenza da altissimi grattacieli di vetro, resiste una bella casetta in mattoni rossi coronata da una croce, un piccolissimo fazzoletto di terra abitato visibilmente da Dio. In questo contrasto ho visto una bella immagine per la chiamata, nostra e di tutti i cristiani, ad essere segni umili ma forti della Presenza che tutti gli uomini e le donne di oggi attendono, anche in mezzo ai grattacieli di New York.