Quest’anno assieme a Martino, un altro seminarista, accompagniamo don Paolo Buscaroli nella proposta di Gioventù studentesca a dei ragazzi della parrocchia di sant’Eusebio a Roma. Uno dei momenti più belli, è andare in caritativa con loro. Una volta al mese, partendo da piazza Vittorio Emanuele II nel centro della città, raggiungiamo in metropolitana la periferia e da lì, in autobus, arriviamo fino alla casa delle Missionarie della Carità di Tor Bella Monaca. Dopo un’ora e mezza di viaggio, siamo accolti da una ventina di ragazzi afgani, tutti gravemente autistici e disabili, che le suore di Madre Teresa hanno portato a Roma dopo essere dovute fuggire da Kabul.
Trascorriamo con loro tutto il pomeriggio, cantando, improvvisando piccole corse con chi è in sedia a rotelle o anche semplicemente accompagnandoli per mano mentre girano per il minuscolo cortile. È tutto molto essenziale, sembra impossibile comunicare con loro, eppure stiamo scoprendo cose grandi. Quando provochiamo i ragazzi, magari a coppie, a prendersi cura di uno di loro per alcune ore, la reazione iniziale è spesso di timore per la propria inadeguatezza. A fine giornata torniamo insieme in parrocchia e condividiamo le scoperte fatte per guardarle insieme.
Spesso i ragazzi sono schiacciati dai giudizi che li fanno sentire inadeguati, ma andando in caritativa scoprono che le cose più importanti le sanno fare benissimo. Noi siamo fatti bene, siamo fatti per amare.
Luca è colpito da come Fatima, durante i canti, si sia messa a schioccare le dita proprio come lui. Certo, lei era fuori tempo e continuava anche dopo la fine della canzone, ma grazie a quel gesto si è accorto che anche lei voleva partecipare alla festa e ha cominciato a guardarla in modo diverso.
Anna temeva di non riuscire ad imboccare Momo che è molto agitato. Una suora le ha detto di guardarlo negli occhi invece di parlare con la sua amica. Così Momo, dopo aver iniziato a mangiare, si mette a sorridere e Anna scopre che basta essere attenti a chi si ha davanti per voler bene, non servono grandi doti.
Elena, invece, racconta che quel giorno non aveva voglia nemmeno di alzarsi dal letto, ma chissà perché non ha voluto rinunciare alla caritativa ed ora, non sa bene il motivo, è contenta di aver trascorso un pomeriggio in cui non ha fatto apparentemente niente di utile per sé, ma ha solo fatto compagnia a Lathifa, che passa le giornate a girare in tondo fissando il terreno. Però, quando Elena ha cercato di sfilare la sua mano da quella di Lathifa che sembrava del tutto indifferente alla sua presenza, subito le sue dita l’hanno rincorsa. Così Elena non può fare a meno di pensare a quella compagna di classe che da molte settimane è bloccata a casa da una misteriosa paura e non riesce più nemmeno a venire a scuola. Vorrebbe guardarla con la tenerezza con cui guarda Lathifa e farle vedere che anche lei sarebbe capace di donare una giornata per gli altri.
Spesso i ragazzi sono schiacciati dai giudizi che li fanno sentire inadeguati, ma andando in caritativa scoprono che le cose più importanti le sanno fare benissimo. Noi siamo fatti bene, siamo fatti per amare.