Una nuova appartenenza

Conversione: l’incontro con la proposta cristiana porta una novità che cambia il giudizio sulla propria esperienza e sulla vita. Una meditazione di Paolo Sottopietra

Vera Sofia, una ragazza russa, convertita al cattolicesimo, nel giorno del suo battesimo.

Durante un viaggio in Terra Santa, alcuni anni fa, ebbi occasione di parlare con un sacerdote tedesco che da molto tempo assisteva il Patriarca di Gerusalemme. Mi rimasero impresse alcune sue parole: “Il cristianesimo in una società è debole, se non è fondato su eventi di conversione personale”. Questo suo giudizio mi sembra capace di spiegare non solo la fragilità che spesso vediamo nelle nostre comunità parrocchiali o in tante esperienze di aggregazione giovanile, ma anche le statistiche sulla frequenza alla messa domenicale in interi paesi o continenti.
Che cos’è un “evento di conversione personale”? Una conversione accade quando qualcuno, entrando in contatto con un’esperienza cristiana viva, ne è così colpito che inizia ad assumere da essa i criteri per vivere e pensare. Desidera insomma imparare a giudicare e ad agire come giudicano e agiscono le persone che ha incontrato. Può essere un professore a scuola, un prete conosciuto in parrocchia, un collega che invita a una cena con i suoi amici. In ogni caso, un vero incontro avviene quando la persona decide di dare una chiara priorità di valore a ciò che impara da loro. Si instaura così nella sua vita un canale di ascolto prevalente, che diventa il metro di paragone di ogni altro ascolto. Sulle questioni fondamentali della vita, infatti, molte sono le voci che offrono o impongono risposte. Ma quando un uomo incontra Cristo, impara a riconoscere la Sua voce. È accaduto lo stesso alla gente che Lo seguiva duemila anni fa in Palestina. Per molti sentire Gesù che parlava fu un’esperienza superficiale, dalla quale non si lasciarono veramente interpellare. Per altri, invece, fu l’inizio di una coinvolgente avventura di ascolto, che mise in discussione ogni precedente esperienza. Sono le persone di cui parlano spesso i vangeli, stupite dall’insegnamento di Gesù, perché parlava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi.

Quando un uomo incontra Cristo, impara a riconoscere la Sua voce.

Questo ascolto profondo diventa nel tempo appartenenza. Un uomo che oggi si converte sceglie liberamente l’appartenenza alla Chiesa, attraverso la comunità che ha incontrato, come la prima e la più preziosa tra quelle che lo definiscono. Ha ormai avvertito la differenza qualitativa della proposta cristiana rispetto a quelle dell’ambiente circostante. Ha compreso, anzi, che il cristianesimo contesta la mentalità dell’ambiente che impregna innanzitutto lui, e ha così raggiunto un punto decisivo del suo itinerario di conversione. Solo infatti chi è stato posto dall’incontro con Cristo in lotta con se stesso può vivere la sua decisione per Lui come evento drammatico, veramente personale.
Il passaggio che chiamiamo conversione non avviene se non attraverso una crisi, una rottura. Ciò accade anche nelle società tradizionalmente cristiane. Per alcuni può assumere la forma eclatante di un radicale cambiamento dello stile di vita. Per altri invece può svolgersi lasciando apparentemente immutate le cose di tutti i giorni, come capita a un adolescente che incontra un prete in parrocchia, o un gruppo di ragazzi cristiani nella sua scuola. Continua ad andare a lezione ogni mattina, a studiare, a giocare con gli amici, ma la sua vita è cambiata. Ha sperimentato il momento della crisi, il travaglio che lo ha portato ad una scelta consapevole, libera e definitiva, con la quale ha detto a se stesso: “Io seguo la Chiesa, io sono di Cristo”.

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