Pasqua è una parola italiana che deriva dall’ebraico Pesah. Quest’ultimo termine significa passaggio: il passaggio dell’angelo dalle case degli ebrei in Egitto per salvare i primogeniti, il passaggio del Mar Rosso, il passaggio del Giordano per entrare nella Terra Promessa. Per noi cristiani il passaggio di Cristo dal Padre alla terra, il suo passaggio dalla passione e morte alla resurrezione. Per ciascuno di noi il passaggio da una vita considerata e vissuta con gli occhi del mondo ad una vita guardata e vissuta con gli occhi di Dio, nella sua alleanza.
La Quaresima è la preparazione e l’anticipazione della Pasqua. Anch’essa è perciò, innanzitutto, un tempo di passaggio: invito ad abbandonare l’immagine che abbiamo di noi stessi per trovare, dentro un rinnovato rapporto con Dio, il nostro vero “io”. Solo il Signore, infatti, ci può spalancare alle dimensioni più vere della nostra personalità. È Lui a insegnarci quale sia il bene per la nostra vita e quali siano le strade per raggiungerlo.
Certo, ogni passaggio implica un sacrificio, un abbandono delle nostre piccole sicurezze mondane, che talvolta ci sembrano l’unica ancora su cui poggiare, per aderire alla roccia di Dio. Mortificare l’immagine che abbiamo di noi stessi per seguire Dio può darci l’impressione di morire. In realtà è l’inizio della resurrezione. Chi si perde, si trova, ha detto Gesù.
Vivere il sacrificio significa lasciare spazio all’Altro, a Cristo, affinché prenda il suo posto nella nostra esistenza, fino a diventare la nostra identità: Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me, dice san Paolo nella Lettera ai Galati.
Nel decimo capitolo del De civitate Dei, sant’Agostino afferma che il vero sacrificio è la comunione, il passaggio dall’io al noi, fino al punto di dire: “Il mio io sei tu”. In altre parole, l’unico sacrificio autentico è l’amore. Ecco la grande rivoluzione portata nella storia del mondo, prima dai profeti e poi da Gesù: la carità divina rende possibile ogni sacrificio necessario per affermare l’altro, incluso quello della vita. Per questo la Chiesa considera la vita dei vergini e dei martiri come la forma più alta di amore.
I fioretti che facevamo da piccoli – o che facciamo ancora – hanno senso solo in quest’ottica: per affermare che l’Altro è tutto. Così anche ciò che la Chiesa ci invita a vivere in questo tempo di Quaresima, come il digiuno, l’elemosina e la preghiera, non è una rinuncia, ma l’affermazione che in Cristo tutto ci è dato e solo se sappiamo fare spazio a Lui.