Agosto 2010. Dopo la maturità, fui invitato a partecipare a un pellegrinaggio a Czestochowa, in Polonia, proposto dal movimento di Comunione e liberazione per affidare a Maria l’inizio dell’università. Dopo diversi giorni di cammino, davanti all’icona della Madonna nera, Le affidai questa preghiera: “Fammi capire, durante l’università, quale sia la mia vocazione”.
All’epoca avevo una ragazza e nella mente davo alla parola vocazione la forma del matrimonio. Ciò che però non sospettavo era che la Madonna non si sarebbe fermata all’immagine di ciò che volevo. Già dal quel primo momento, aveva cominciato a rispondere donando alla stessa parola un significato più profondo: quello che il Signore aveva pensato per me. A settembre di quell’anno iniziai Economia all’università Bicocca a Milano. Nello stesso periodo, cominciai a conoscere alcuni universitari spagnoli di Cl. Per l’amicizia con loro, decisi di andare in Erasmus a Madrid durante il mio terzo anno di università. Quei sei mesi furono tra i più importanti per la mia crescita come uomo e come cristiano, soprattutto per la mia vocazione.
Era il gennaio 2013 quando, verso la fine del mio periodo a Madrid, un’amica mi invita per una cena. A un certo punto, lei mi chiede: “Sei felice?”. “Felice? Non saprei” rispondo io. “Però sono sereno”. Lei ribatte: “Ma quando sei felice?”. Senza neanche pensarci su, le rispondo di getto: “Io sono felice quando vedo Cristo presente nella mia vita”. Non avevo mai pensato una cosa del genere e non sapevo neanche da dove venisse questa idea. Ma nei giorni successivi continuavo a pensare alla mia risposta. A un certo punto mi chiesi: “Se è vero, perché non dargli tutta la mia vita?”. Appena sorse questa domanda, cercai di nasconderla a me stesso per evitare di guardarla.
“Sono sereno”.
Lei ribatte: “Ma quando sei felice?”
Nel frattempo, ero tornato a Milano dove incontrai don Marco, all’epoca cappellano della Bicocca. Nel rapporto con lui, per la prima volta, tirai fuori con qualcuno le domande rispetto alla mia vocazione, ribadendo però a più riprese che diventare sacerdote non era ciò che volevo. Lui mi ascoltò e cercò di accompagnarmi, ma io rimanevo bloccato nelle mie idee. Durante l’estate, dopo la laurea, cercò di scuotermi: “Ti do una settimana di tempo, dopo la quale chiamerò il seminario di Milano per dirgli che inizierai con loro un cammino di verifica vocazionale”. La mia risposta fu un netto no: non avevo intenzione di fare qualcosa del genere. Nel mentre iniziai la laurea specialistica all’università Cattolica di Milano. Continuavo a vedere don Marco, ma non gli parlai più della mia vocazione.
Quell’anno fu molto difficile per tanti motivi. Uno li riassume tutti: mi era sempre più evidente che stavo scappando dalla chiamata del Signore. Ad agosto, come ogni anno andai al Meeting di Rimini e, parlando con un amico, decisi di tirare fuori nuovamente le domande che avevo rispetto alla mia vocazione. Lui a un certo punto, mi disse: “Ma di che cosa hai paura?”. Lì mi resi conto che l’unica risposta che sapevo dare a quella domanda era: “Non è ciò che voglio io”. Parlammo a lungo e tra le sue parole una frase mi penetrò nel profondo: “Quando il Signore ci dà segni così evidenti, l’unica cosa che possiamo fare è seguirli”. Tornato a casa andai da don Marco e gli chiesi di iniziare il cammino di verifica che mi aveva proposto un anno prima.
Grazie agli incontri al seminario di Venegono e agli esercizi del Clu di quell’anno, capii che il Signore mi stava davvero chiamando a diventare sacerdote. Avevo dentro di me un’altra domanda: diventare un sacerdote diocesano o missionario della San Carlo? Grazie all’aiuto di don Antonio Anastasio mi fu chiaro che il Signore mi stava chiamando a entrare nella Fraternità san Carlo. Così, dopo un anno di colloqui, l’8 settembre del 2017 arrivai in via Boccea. Quest’estate, dopo 14 anni, ritornerò a Czestochowa da sacerdote, per ringraziare la Madonna nera di avere ascoltato la mia preghiera.